martedì 28 giugno 2016

IL LIBERALISMO: L'ANELLO DI CONGIUNZIONE TRA CAPITALISMO, STATALISMO E PERMISSIVISMO MORALE


La nostra Emma Bonino, non dissimile in questo per certi versi dal libertino Silvio Berlusconi, con il quale non ha disdegnato di allearsi, può essere considerata il simbolo umano e vivente di un processo in corso da decenni ed in stadio di già avanzata attuazione nei paesi anglosassoni: la logica e cogente convergenza tra capitalismo, statalismo e permessivismo morale.  La Bonino, campione delle battaglie pro-aborto, è sempre stata forte propugnatrice del liberismo più estremo, trovandosi in perfetta sintonia con le oligarchie economiche che reggino il mondo. In Inghilterra fu Tony Blair il primo ad incarnare questo modello, portando avanti una politica insieme liberista - massima libertà di iniziativa per il grande capitale - e statalista - massima centralizzazione burocratica nei settori della salute pubblica, dell'educazione, del controllo sociale - insieme ad una sempre più intensa opera di appoggio al liberalismo morale - marginalizzazione della famiglia tradizionale. La brutta copia di Blair in Italia può a tutti gli effetti considerarsi Renzi: un mix anche lui di liberismo economico  -abolizione dell'articolo 18, job act, alleanza con la grande finanza -, statalismo - rafforzamento del centralismo dell'amministrazione pubblica - e liberalismo morale (legge Cirinnà sulle unioni civili ed appoggio ai matrimoni omosessuali). Purtroppo anche i 5 Stelle sembrano non gravitare lontano da queste latitudini, essendo incapaci di proporre dei contenuti organici e coerenti in grado di costituire una reale alternativa al sistema attuale ma limitandosi ad invocare demagogiche ed insignificanti iniziative moraleggianti quali la restituzione degli stipendi da parlamentari. Tra parentesi: è evidente a tutti che senza stipendi ai parlamentari la politica diventerebbe ancora di più quello che già è: il regno incontrastato della plutocrazia.
In altri termini: dobbiamo prendere atto che si è creata un'alleanza perversa tra capitalismo e statalismo centralista, dal punto di vista sociale - e permissivismo morale - dal punto di vista delle scelte personali. Liberalizziamo tutto - il sesso, le relazioni e l'economia -, imponiamo questa liberalizzazione dall'alto attraverso uno Stato centralista e staremo tutti meglio. Peccato che non si siano fatti i conti con la realtà.
L'alleanza tra capitalismo, statalismo e permissivismo morale è destinata infatti inesorabilmente al fallimento per varie ragioni: perchè il capitalismo, separando capitale e lavoro, ha dimostrato di non saper mantenere le sue promesse di prosperità globale; perchè lo statalismo, di marcata impronta social-comunista, imponendo uno Stato burocratico e centralista, ha dimostrato di non sapere mantenere le sue promesse di eliminazione del problema della povertà e dell'emarginazione; perchè il permissivismo morale ha dimostrato di non sapere mantenere le sue promesse di felicità universale, rendendo fragili e vulnerabili i legami tra l'uomo e la donna e tra la donna e la sua creatura ed incrementando notevolmente il tasso di malessere individuale e la disgregazione sociale.

Qual'è quindi il risultato di tutto ciò? Paradossalmente la perdita delle libertà umane, quelle vere, concrete, tangibili: la libertà di vivere in una famiglia solida e stabile, di poter discutere e decidere le questioni pratiche della propria vita socio-lavorativa, di essere detentori di una sostenibile e sostentante proprietà produttiva . In una parola la perdita della società civile, della rete di vincoli e rapporti umani partecipativi e solidali, legati ad un territorio ed ad un contesto specifico. La singola persona si trova infatti ad essere sempre più sola ed isolata, schiacciata tra uno Stato invadente  ed inefficiente perché rigidamente centralizzato, ed un capitalismo arrogante ed monopolizzante che non ha più freni; la singola persona non può più contare sul supporto della famiglia ed è stata spossessata di ogni potere e proprietà significative. Gli è rimasto solo quel simulacro di democrazia che si chiama voto e l'incessante compulsione a consumare, a costo di indebitare se e tutti i famigliari: sta ricadendo inesorabilmente in una condizione servile.

Contro tutto questo -contro l'insana alleanza tra capitalismo, statalismo e permissivismo morale - si erge la ragionevolezza ed il senso comune del distributismo, che, ripartendo dai fondamenti, propone semplicemente una società in cui la famiglia economicamente indipendente ed autonoma ed un'equa diffusione della proprietà produttiva e dei vari poteri siano fattori prevalenti e costitutivi delle varie comunità, che solo allora potranno dirsi veramente civili.
Famiglia, massima distribuzione della proprietà produttiva, massima distribuzione dei poteri decisionali per comparto lavorativo con relativo superamento della partitocrazia, denaro emesso di proprietà dei cittadini e non delle banche: sono queste le quattro proposte "forti" del distributismo. Quattro proposte sostenibili, concrete e praticabili che aspettano solo di essere attuate per ottenere finalmente una società in cui l'equità e la giustizia non siano più un'utopia ma le forme caratterizzanti del vivere in comune, mettendo ai margini definitivamente il liberalismo e tutte le sue nefaste appendici.

Per informazioni: distributismomovimento.blogspot.com

domenica 26 giugno 2016

BREXIT: UNA SANA REAZIONE CONTRO LO STATO SERVILE



Tutta la questione riguardo la Brexit ha al centro una fondamentale domanda, che riguarda la democrazia e la sovranità: è cosa buona e giusta che una popolazione rinunci al diritto di decidere tutte le questioni che riguardano le proprie questioni economiche e sociali, delegandole ad un potere remoto e lontano fatto di burocrati non eletti?
C'è un solo modo di definire coloro che hanno perso il potere di autodeterminarsi: schiavi.
Il popolo inglese, dimostrando notevole coraggio e forza morale, ha rigettato lo Stato servile che l'elite economico-finanziaria, di marcato stampo mondialista, voleva imporgli. Dovremmo quindi essere grati a questa popolazione, perchè ci ha indicato la strada da seguire, la strada della civiltà, della libertà vera, della partecipazione contro i disegni totalitari di chi detiene oggi il potere reale. . Questa è la vera guerra che stiamo combattendo, al di là delle apparenze, quella che vede schierati da una parte chi sostiene che  il potere e la proprietà debbano essere concentrati nelle mani di pochi (capitalisti e statalisti), dall'altra chi invece ritiene  che debbano essere equamente distribuiti, dal basso, all'interno delle varie comunità (distributisti, più o meno consapevoli). In questo senso gli inglesi sono riusciti a mettere a segno un'importante vittoria per il fronte delle libertà e contro lo Stato servile. Tutto il resto è solo sterile retorica.

Per informazioni

venerdì 24 giugno 2016

BREXIT: LA VITTORIA DEL SENSO COMUNE



Ascoltando la BBC ed i commenti dei giornalisti e politici inglesi ieri sera, emergeva che il voto è stato la rivincita dell'uomo comune, trasversalmente ad ogni ideologia, contro l'establishment politico e finanziario. Il "leave" inaspettatamente ha vinto in molti distretti "rossi" tradizionalmente di sinistra e malgrado i leader dei partiti maggiori (di sinistra e di centro-destra) avessero indicato il contrario.
Per questo il voto di ieri può essere l'inizio di in risveglio civile, della ripresa di una volontà popolare che non intende più delegare il potere ma controllarlo e gestirlo direttamente, il ritorno del senso comune e della ragionevolezza contro le follie dei partiti, un segnale importantissimo che la gente è matura per una svolta distributista.

Per informazioni: distributismomovimento.blogspot.com

giovedì 23 giugno 2016

I 5 STELLE ALLA PROVA DEL 9



Sull'onda del sacrosanto voto di protesta i 5 Stelle hanno conquistato il sindaco della capitale e quello di Torino e puntano adesso al governo del Paese.
Su che basi? Sulla base di un contenitore senza contenuti. Sul sito del Movimento è infatti consultabile il programma dei pentastellati. Alla voce "economia" appaiono ben 20 provvedimenti, molti dei quali generici ("favorire la produzione locale", "sostenere le società no profit"), altri molto specifici e settoriali ("abolire la legge Biagi", "impedire l'acquisto a debito di una società", "abolizione delle stock option", "introdurre la class action"). Sul debito pubblico il riferimento più significativo è quello di perseguire la strada del risparmio, dei tagli e della spending review. Nulla, assolutamente nulla, sul problema del denaro-debito, sul fatto cioè che il sistema bancario ha il monopolio assoluto della creazione monetaria. Nulla sul recupero della sovranità della politica economica nazionale. Nulla sulla necessità di supportare la diffusione della proprietà produttiva, mettendo chi lavora nelle condizioni di diventare proprietario dei mezzi di produzione. Nulla sull'opportunità di rilanciare l'autonomia economica della famiglia. Nulla sulla necessità di superare davvero il sistema partitocratico e di distribuire più equamente il potere tra la popolazione secondo i vari comparti lavorativi. Il programma dei 5 Stelle non costituisce quindi in alcun modo un'alternativa valida, coerente e sostenibile al capitalismo - ed al sistema partitocratico ad esso correlato - ma ne propone una versione "soft", edulcorata, ripulita di alcuni suoi eccessi ma sostanzialmente inalterata nella sua struttura di fondo: capitale e lavoro continueranno ad essere separati; i partiti continueranno ad essere le uniche forme di rappresentanza, lasciando i cittadini spossessati di ogni potere reale; la produzione di denaro continuerà ad essere monopolio assoluto nelle mani del sistema bancario; la famiglia continuerà  nella sua parabola discendente ed i legami sociali saranno sempre più fragili e disgregati.
Quando ci accorgeremo di tutto ciò? Quando, come è successo ai nostri governi negli ultimi 70 anni, falliranno alla prova dei fatti. È sempre possibile infatti abbindolare l'opinione pubblica con gli strumenti della retorica e dello spettacolo - i 5 Stelle hanno infatti avuto nella capacità comunicativa di Grillo la loro forza principale. Un pò più difficile invece è abbindolare la realtà: la realtà non si lascia impressionare dalle frasi ad effetto, non risente degli umori della rete, rimane indifferente di fronte ai proclami moralistici ma esige una costruttiva e coerente pars costruens. Questa sarà la prova del 9 dei 5 Stelle: riuscire ad incidere positivamente sulla realtà.
Buona fortuna, soprattutto all'Italia!

Nel frattempo il Movimento Distributista Italiano (distributismomovimento.blogspot.com) continuerà la sua battaglia per una società veramente più equa ed equilibrata, all'insegna del senso comune e della ragionevolezza.

mercoledì 8 giugno 2016

CAPITALISMO E SOCIAL-COMUNISMO O DELLA DISSOLUZIONE DELLA SOCIETÀ CIVILE




Chiunque abbia occhi per vedere non può non constatare quanto sta avvenendo:
progressiva dissoluzione della famiglia con crescita esponenziale della conflittualità e dell'isolamento sociale, progressiva perdita di potere dell'individuo rispetto alla sua vita economico-sociale, progressiva perdita della sovranità nazionale a favore di poteri sovranazionali di prevalente natura economico-finanziaria. Una tendenza inesorabile, continua, costante nei confronti della quale l'uomo comune non può provare che una cosa sola: un'istintiva ripugnanza ed un senso vago ed indefinito di nausea e malessere, che trovano espressione nella crescita inarrestabile dell'astensione elettorale.
Il paradosso è che una tale condizione si verifichi in concomitanza con quello che viene universalmente definito dai mass-media come il miglior sistema politico esistente, quello della democrazia rappresentativa parlamentare basata sul sistema dei partiti.
Il risultato è la diffusione di un vissuto generalizzato di paralisi e di impotenza che congela ed imbriglia tutte le energie sane della nazione, un meccanismo psicotico collettivo con cui si vorrebbe fare convivere la peggiore delle situazioni possibili con la migliore, in un tipico doppio messaggio insostenibile caratteristico del funzionamento mentale schizofrenico.

Come si può superare questa impasse? In un solo modo: facendo chiarezza, ricontattando il reale e liberandoci dai lacci e dai fumi dell'ideologia.
Alcuni semplici punti dovrebbero risultare evidenti per tutti:

  1. questa situazione non è frutto del caso ma logica conseguenza dell'alleanza di due modelli che, lungi dall'essere opposti, sono due facce della stessa medaglia, il capitalismo ed il social-comunismo. Ciò che accumuna questi due sistemi è infatti considerare che sia buono e giusto che il potere e la proprietà siano concentrati in poche mani, l'oligarchia finanziario-economica nel caso del capitalismo, l'apparato burocratico statale nel caso del social-comunismo.
  2. il sistema partitico non è una vera democrazia ma lo strumento privilegiato usato dal sistema capitalista per controllare l'attività legislativa. L'esempio più eclatante è costituito dagli Stati Uniti, in cui viene dato per scontato, come se fosse una cosa normale, che le grandi banche mondiali, finanziando sistematicamente la campagna elettorale di entrambi i candidati presidenti, si assicurino l'appoggio incondizionato di entrambi.
  3. la politica oggi non conta nulla ed è stata ridotta al ruolo di cameriere dell'oligarchia economico-finanziaria imperante.

Che fare dunque? Semplicissimo: marciare con determinazione in direzione opposta, supportati dalle armi del senso comune e della ragionevolezza e puntare a:

  1. il rifiuto netto e deciso del capitalismo e del social-comunismo per aprirsi ad un modello che contempli l'equa distribuzione del potere e della proprietà produttiva secondo un principio di equità (distributismo)
  2. il rifiuto netto e deciso del sistema partitico, per aprirsi ad un modello basato sul ritorno dei poteri reali ai vari comparti lavorativi, aggregati liberamente sul territorio secondo criteri partecipativi basati sulle competenze (principio corporativo).
  3. Il rifiuto netto e deciso del dominio della finanza sulla politica, abolendo il sistema del denaro-debito bancario e sostituendolo con una moneta che nasca di proprietà dei cittadini o dello Stato.

Utopistico? Irrealistico? Impossibile? Assolutamente no! Si può e di deve fare, considerando che la forza per dare attuazione a tale programma sta nella singola presa di coscienza da parte di tutti noi. Si tratterebbe solamente di una sano ritorno al reale, di un'uscita dalla follia collettiva chiamata capitalismo e social-comunismo, non certo per costruire un paradiso in terra ma per dare vita ad una società in cui l'uomo possa essere messo nelle condizioni di sviluppare al massimo le sue pur limitate capacità, una società che si possa definire veramente civile.

Il Movimento Distibutista Italiano (distributismomovimento.blogspot.com) si è incamminato su questa strada, che è la strada di tutti gli uomini di buona volontà.

venerdì 3 giugno 2016

IL CAPITALE: BENE O MALE SOCIALE?



Il capitale: una fonte di gravi malesseri sociali ed economici se separato dal lavoro e posseduto prevalentemente da pochi privati (capitalismo); una fonte di gravi malesseri sociali ed economici se separato dal lavoro e posseduto prevalentemente dallo Stato (socialismo); uno strumento al servizio dell'economia e della prosperità se unito al lavoro - se chi lavora è messo cioè nelle condizioni di essere anche il proprietario dei mezzi produzione e del capitale produttivo - e se la sua diffusione è massima ed equa tra la popolazione (distributismo).

Si tratta solo di ragionevolezza e senso comune.

Per informazioni ed approfondimenti: distributismomovimento.blogspot.com

mercoledì 1 giugno 2016

E' L'ORA DELLE GILDE DISTRIBUTISTE!


Viviamo in un mondo in cui il tessuto sociale è diviso e frammentato: dipendenti contro lavoratori autonomi, proprietari contro salariati, giovani contro vecchi, destra contro sinistra, conservatori contro progressisti. L'individuo e le famiglie sono sempre più sole ed isolate di fronte alla macchina burocratica dello Stato da una parte ed alle oligarchie economico-finanziarie dall'altro. Cosi non va! E' necessario invertire la marcia e farlo subito prima che sia troppo tardi, prima che il processo di dissoluzione delle nostre comunità raggiunga un livello irreversibile.
Il rimedio è semplice, alla portata di tutti; non richiede denaro ma l'acquisizione della consapevolezza che le risorse per migliorare le cose ci sono già, siamo noi, con le nostre capacità umane e professionale, il nostro impegno, la nostra dedizione. Si tratta di rispondere all'isolamento sociale stabilendo forti legami di reciprocità e solidarietà sui territori, alla frammentazione con l'integrazione basata sul dialogo e la conoscenza reciproca, all'impotenza con il recupero della consapevolezza del proprio diritto a decidere sulle questioni concrete della propria vita economico-sociale.
Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è semplicemente un contenitore chiaro e ben definito in cui poter dar vita a tutto ciò: questo contenitore sono le gilde o corporazioni distributiste.
Le gilde distributiste si propongono di aggregare sui singoli territori tutte le persone di buone volontà che condividono una stessa funzione sociale o lavorativa, al di là di ogni distinzione di censo o di ruolo. Ad esempio, nel caso della sanità, si tratterà di aggregare medici, infermieri e tutti gli altri operatori sanitari, insieme a rappresentanti dei pazienti, ed incominciare a discutere insieme tutte le questioni che riguardano una buona gestione della salute: formazione dei professionisti, remunerazioni minime e massime, qualità ed organizzazione dei servizi offerti, allocazione delle risorse pubbliche, copertura previdenziale e pensionistica degli operatori e quant'altro. Condividere lo stesso ambito e funzione lavorativa deve essere l'elemento aggregante principale, insieme ad alcuni fondamentali principi di convivenza civile legati alla ragionevolezza e ed al senso comune e come tali patrimonio di ogni uomo. Questi principi sono:
  • riconoscere la necessità di un'equa distribuzione della proprietà produttiva – che chi lavora debba essere messo cioè nelle condizioni di diventare proprietario dei mezzi di produzione – quale prerequisito essenziale della stabilità e prosperità economico-sociale
  • riconoscere che chi lavora deve essere messo nelle condizioni di discutere e decidere le questioni essenziali e concrete che riguardano il proprio ambito socio-lavorativo (principio corporativo)
  • riconoscere che il denaro non può nascere di proprietà di una minoranza del corpo sociale – i banchieri – ma deve essere prodotto dai cittadini per i cittadini, secondo regole trasparenti e condivise, per incrementare gli scambi e la produzione di ricchezza reale all'interno della comunità.
  • riconoscere che la famiglia basata sul matrimonio, cioè sull'unione di un uomo e di una donna aperti alla fecondità ed alla procreazione, è un corpo sociale naturale da difendere e tutelare e che come tale ha diritto alla massima indipendenza economica.

Sono questi i principi di fondo, semplici e lineari, a-ideologici ed aconfessionali, in grado di costituire il collante di una comunità di uomini liberi, in grado di consentire ai singoli, a partire dalla loro nascita, lo sviluppo massimo delle proprie potenzialità.

Le gilde e corporazioni distributiste possono e devono incominciare a crearsi ora, a partire dal basso, dai singoli territori, per coordinarsi poi a livello nazionale in modo che le peculiarità culturali, sociali e produttive delle singoli aree siano pienamente rispettate, pur integrandosi in un quadro nazionale organico più ampio.
Il Movimento Distributista Italiano (distributismomovimento.blogspot.com) intende solo mettere a disposizione tale contenitore perchè i contenuti specifici e particolari possano poi essere forniti e proposti dalla gente reale, che conosce da vicino le problematiche concrete della propria situazione socio-lavorativa e sa indicare quali possano essere le strategie di soluzione.

Per questo ci rivolgiamo a tutte le famiglie ed a tutte le persone della nostra nazione che mantengono ancora la speranza di un futuro migliore: questo futuro è a vostra disposizione ma a patto che decidiate di esserne voi i protagonisti, di non delegare più ad altri le decisioni riguardo la vostra vita. Uscendo dal guscio di paura in cui vi hanno fatto rintanare, potrete scoprire che il vostro vicino, nel 90% dei casi, non è il vostro nemico ma una persona come voi, desideroso di instaurare dei rapporti di reciproca collaborazione e di condurre una vita normale fatta di lavoro onesto, rapporti sociali soddisfacenti e tempo libero per le amicizie e gli interessi personali

Non perdete tempo quindi, aderite oggi alle gilde distributiste, incominciate voi a dare il segnale che può cambiare il mondo a partire dalle piccole cose, dai piccoli gesti della vita quotidiana.

Per informazioni ed adesioni mandare un messaggio a movimentodistributista@gmail.com o visitare il sito distributismomovimento.blogspot.com