venerdì 21 ottobre 2016

IL DENARO, STERCO DEL DEMONIO


Il denaro, sterco del demonio. Quest'espressione vetusta, che emerge dal passato della tradizione culturale europea, viene percepita dai più in maniera ambigua e confusa. Si, forse il denaro è sterco del demonio, ma non sempre, forse solo quando non lo si ha o li deve come debito a qualcun altro.
La questione è di centrale importanza e merita alcune sintetiche ed essenziali considerazioni.
Il primo passo è chiedersi: che cosa è il denaro ed a cosa serve.
La risposta è semplice ed incontestabile: il denaro è una convenzione umana, uno strumento creato dall'uomo e dipendente in tutto dall'uomo: il denaro senza società, in natura, non esiste.
Secondo passo: qualè il fine del denaro? Il denaro serve a facilitare lo scambio di beni e servizi tra la popolazione, creando una unità di misura condivisa del valore delle cose e degli strumenti per far avvenire gli scambi e quindi facilitare la produzione, evitando il baratto. Il denaro serve alla prosperità economica della comunità civile.
Ne consegue logicamente che se il denaro, invece che venire scambiato, viene accumulato, esso viene meno alla sua funzione principale e naturale, quindi diventa qualcosa di incongruo ed anomalo che produce una grave distorsione economico-sociale.
Ne consegue anche che per definizione il denaro è sterile, non è in grado di produrre di per sé alcun bene, essendo una mera convenzione: trasformarlo in un bene, con un suo prezzo – l'interesse - che si compra e si vende come ogni altro merce, lede e contraddice quindi gravemente la sua natura, rendendolo non più in grado di assolvere la sua funzione.
La tendenza ad accaparrare denaro, l'interesse sul denaro stesso e la sua mercificazione – che oggi vengono accettati come un dogma indiscutibile imposto dai sacerdoti della finanza – trasformano la moneta da strumento al servizio del bene comune in mezzo di dominio di pochi – quelli che lo producono e la emettono gratis come debito verso altri – sulla maggioranza della popolazione.
Questa è la situazione in cui viviamo, queste sono le radici profonde della crisi economico-sociale attuale, irrisolvibile finchè non verrà restituita al denaro la sua funzione autentica.
Queste sono le ragioni per cui i nostri antichi, essendo lucidamente consapevoli di tutto ciò, chiamavano il denaro “sterco del demonio” ed avevano giustamente chiamato “usura” anche il più minimo interesse sul prestito. Il denaro attira l'uomo con le sue lusinghe di potere e felicità e nel momento in cui l'uomo cede lo condanna all'inferno, quello quotidiano che viviamo tutti i giorni, con la disoccupazione, il debito senza fine, l'ingiustizia e la sperequazione sociale, lo svilimento del lavoro e della dignità umana stessa.
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mercoledì 12 ottobre 2016

USURA È PRESTARE DENARO AD INTERESSE, QUALSIASI ESSO SIA


C'è una guerra in corso, da cui dipende il destino nostro e dei nostri figli: quella delle parole.
La parola "usura", da che uomo è uomo, evoca una reazione di ferma e decisa condanna morale. L'usura è ingiusta e riprovevole e va condannata senza se e senza ma.
Si, certo, ma cosa si intende con "usura"?
Dall'alba dei tempi fino all'inizio del XVI sec. non vi è mai stato alcun dubbio:  "usura" era il prestito di denaro con un interesse, qualunque esso fosse. Il pensiero classico, esposto con chiarezza da Aristotele, motiva questa posizione sulla base della ragionevolezza e del senso comune: il denaro di per se è sterile, non puó produrre nulla, serve solo come mezzo di scambio. Farlo diventare arbitrariamente produttivo, con l'usura, è pertanto contro natura e profondamente ingiusto: l'interesse sul denaro viene pertanto considerato come un furto ed una gravissima minaccia alla prosperità ed all'equilibrio economico-sociale. Cicerone qualche secolo dopo ribadisce gli stessi concetti. Il cattolicesimo accoglie in pieno questo pensiero, fatto proprio in maniera esplicita anche dall'antico testamento, e per 1500 anni gli insegnamenti degli apostoli, dei padri della Chiesa, dei teologi, dei concilii, dei papi e le autorità civili di Stati e nazioni reiterano in varie forme questa posizione, fortemente sentita e supportata anche dalla popolazione più semplice. Dobbiamo aspettare il 1515, con il papa "mediceo" Leone X, per assistere alle prime deroghe, da parte della Chiesa Cattolica, a quella che precedentemente era stata una linea fermissima. Da li in poi, attraverso un processo graduale, si è arrivati fino alla definizione attuale di "usura", edulcorata e svuotata di ogni reale incidenza economico-sociale: la richiesta di un interesse sul prestito superiore ai termini fissati per legge. Così quella che San Gregorio di Nissa, nel trattato "Contro gli usurai" del 379 d.C. definiva "un altro tipo di furto e spargimento di sangue", "un serpente velenoso" ed "un profitto disonesto", diventa per l'uomo del XXI secolo un'attività legittima. Quella che papa Innocenzo IV (1200-1254) definí "causa di tutti i mali", viene accettata dai cattolici di oggi come un attività normale. Tutto ciò mentre gli studiosi seri della moneta (Fantacci, "La moneta. Storia di un'istituzione mancata", ed Marsilio, 2005), al di là di ogni scelta confessionale, giungono alla conclusione che effettivamente la mercificazione della moneta, cioè l'interesse sul prestito, mina alla radice l'efficienza della moneta stessa.
Che fare dunque?
Come minimo sarebbe opportuno riaprire la discussione sul significato più appropriato della parola "usura", rimettendo in discussione la moralità dell'atto di prestare denaro ad interesse, in un sforzo multidisciplinare che metta insieme i contributi dei moralisti, dei teologi, degli economisti e degli storici.
La questione non è da poco e riguarda il presente ed il futuro di tutti noi.

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mercoledì 5 ottobre 2016

LA VERA DEMOCRAZIA E LA SUA PARODIA


Gli italiani non hanno più alcun potere: il singolo cittadino non può decidere nulla sul proprio lavoro, nulla sul modo in cui viene creato il denaro, nulla sulla sua previdenza sociale e sulla sua pensione, nulla sul prezzo di beni e servizi, nulla su chi entra e chi esce dalle proprie frontiere. Può solo decidere, una volta ogni 5 anni, che segno mettere su una scheda bianca: tutto questo qualcuno insiste a chiamarlo democrazia, senza accorgersi che ne è invece soltanto una grottesca parodia.
La vera democrazia consiste infatti nell'esercitare direttamente tutti quei poteri reali che il sistema partitocratico impedisce di principio. Il sistema dei partiti non è altro che "l'instrumentum regni" dell'oligarchia economico-finanziaria che oggi detiene il potere reale.
Non vi è infatti autentica democrazia senza una corrispondente equa distribuzione della proprietà produttiva e del potere decisionale tra i vari comparti lavorativi, non vi è vera autentica democrazia senza distributismo.

Per informazioni: distributismomovimento.blogspot.com