sabato 5 novembre 2016

RESTITUIRE IL POTERE ALLA GENTE, OVVERO DELLA NECESSITA' D UNA SVOLTA CORPORATIVA




Ormai è un dato che tutti considerano scontato: quella in cui viviamo non è una vera democrazia, ma una democrazia fasulla, in cui il potere reale è ben lungi dall'essere posseduto dal popolo ma si trova saldamente nelle mani di un ristretta oligarchia economico-finanziaria.
Questa oligarchia finanziaria non è una realtà fumosa e vaga ma ha un volto ben preciso: secondo la rivista Fortune la famiglia Rotschild, per esempio, possiede il patrimonio di maggioranza delle 500 multinazionali mondiali (https://www.google.it/search?q=forbese+500+famiglie+controllano&ie=utf-8&oe=utf-8&client=firefox-b&gfe_rd=cr&ei=6xQeWON8sKTzB775jKgM#q=le+famiglie+più+ricche+del+mondo).

Il cittadino medio quindi assiste impotente ad un processo di cui è vittima sacrificale designata: la costante perdita di potere sia in termini economici sia in termini politici.

Impotente, perchè ciò che gli viene ripetuto come un mantra è che il sistema partitico è il migliore sistema possibile di rappresentanza, l'unico che possa realizzare una vera democrazia: altri non ce ne sono.
La realtà è ben diversa. Come avevano brillantemente fatto notare nel 1913 i distributisti inglesi Hilaire Belloc e Cecil Chesterton nel libro “Partitocrazia” (“Partitocrazia”, ed Rubbettino, 2014), il sistema partitico costituisce invece lo strumento ideale di controllo pressochè totale della politica da parte della grande finanza.
Il rapporto tra il singolo cittadino ed il parlamentare eletto è infatti quanto di più elusivo possa esistere, mentre le illimitate somme di denaro possedute dall'oligarchia finanziaria si rivelano immancabilmente una forza corruttiva ed cogente in grado di aprire praticamente ogni porta e di vincere ogni resistenza.

Basti fare un semplice ragionamento: ogni campagna elettorale ha un costo. Negli Stati Uniti le grandi banche internazionali rappresentano il principale donatore di fondi ai candidati di entrambi i partiti – repubblicani e democratici (http://www.libreidee.org/2016/01/usa-elezioni-e-soldi-chi-si-compra-il-futuro-presidente/). Saranno in grado pertanto i candidati, una volta eletti, di tutelare gli interessi dei cittadini rispetto a quelli delle banche? Ognuno tragga le debite conclusioni.

Questo spiega perché le legittime attese di un cambiamento reale negli ultimi 70 anni siano andate regolarmente deluse.
Che fare dunque?
Un'analisi della situazione basata sul buon senso e sulla ragionevolezza, al di là di ogni sterile divisione ideologica, impone la presa di coscienza che quello che non funziona non è questo o quel partito, questo o quel presidente del consiglio, questo o quel sistema elettorale ma il sistema partitico stesso.
Il distributismo (distributismomovimento.blogspot.com) afferma in maniera molto netta che è ora di invertire marcia e dar vita ad un sistema in cui i cittadini, le famiglie ridiventino i principali depositari del potere reale. Per far questo c'è un unico modo: seguire appunto il senso comune e la ragionevolezza e mettere da parte le inutili ideologie. Il senso comune ci dice che ha potere non chi, una volta ogni 5 anni, infila in un'urna un foglietto bianco con una crocetta, ma chi può partecipare alle decisioni di tutte le concrete questioni importanti che riguardano la propria sfera socio-lavorativa; ha potere non chi dipende per il proprio sostentamento economico da scelte prese da oscuri burocrati ma chi è in grado di mantenersi da solo, grazie alla propria capacità lavorativa e d'iniziativa. Questo sistema, che tutte le persone di buona volontà riconoscono come il più naturale ed il più confacente al desiderio di libertà della natura umana, si chiama in un solo nome: sistema corporativo. Il sistema corporativo si basa su un assunto molto semplice: aggregare le persone per comparto lavorativo e dare ad esse la massima autonomia e libertà di gestire nei vari territori la propria vita economico-sociale, stabilendo regole condivise finalizzate alla stabilità e prosperità generale. La visione corporativa proposta dal distributismo ha alla sua radice una visione dell'uomo che non è l“homo hominis lupus” di hobbesiana memoria. Per il distributismo l'uomo è un essere per natura sociale e gli scambi e le relazioni virtuose che ha con il prossimo rappresentano un importantissimo, se non il principale strumento della sua realizzazione.

Ciò di cui quindi abbiamo disperatamente bisogno oggi è una decisa e risoluta svolta corporativa, che incominci a stabilire forti legami solidari nei vari territori tra persone che condividono gli stessi ambiti lavorativi. Non importa quale sia il nome di tali aggregazioni: possiamo chiamarle corporazioni o gilde o sodalizi occupazionali. L'importante è che esse si costituiscano ed incomincino a ridare al lavoro ed alla capacità dei singoli quella forza rappresentativa che è andata persa nei secoli.
Le corporazioni si distinguono dai sindacati perchè il loro scopo non è la mera rivendicazione di diritti nei confronti del “padrone” di turno ma l'incontro di tanti piccoli “padroni” che intendono tenacemente mantenere la proprietà dei mezzi di produzione e discutere insieme tutti gli aspetti della loro attività socio-lavorativa: la qualità dei prodotti o servizi forniti, le questioni deontologiche, previdenziali, assistenziali, fiscali, formative e quant'altro. La corporazione non è il luogo di riunione di una classe sociale ma l'incontro di diverse classi sociali che condividono tra di loro la stessa funzione lavorativa, se pur con ruoli e responsabilità diversi. Il legame tra i membri della corporazione non è la mera rivendicazione settoriale ma la comune partecipazione ad un'opera, ad un lavoro, ad una funzione sociale. In sintesi: la corporazione è la strada obbligata da seguire per pervenire insieme ad una piena umanizzazione dell'attività lavorativa ed al ristabilirsi di un livello adeguato di giustizia sociale.

Purtroppo oggi nell'immaginario collettivo il termine “corporazione” viene associato ad una serie di fenomeni sociali negativi, a circoli chiusi avidamente votati al perseguimento dell'interesse di casta, siano essi dei corpi professionali o delle associazioni di multinazionali. La “corporazione” dal sistema capitalista viene così intesa come il nemico giurato della libertà economica e d'iniziativa, un residuo di medioevo da abbattere e sulle cui ceneri costruire le “magnifiche sorti e progressive dell'umanità”.
Anche qui, niente di più falso. In realtà il sistema corporativo costituisce la più granitica garanzia della libertà economica e d'iniziativa, perchè per definizione previene e combatte la tendenza monopolistica della grande finanza e del grande business, stabilendo regole e codici comportamentali che consentano la massima possibile diffusione della proprietà produttiva e quindi del benessere economico. All'opposto, è proprio invece il capitalismo, dove per capitalismo si intende quel sistema che favorisce la separazione tra capitale e lavoro, a sfociare, come possiamo osservare con i nostri occhi, in un sistema fortemente monopolistico e squilibrato, in cui la libertà dei singoli non trova più via di espressione. La mancanza di regole del liberal-capitalismo non rappresenta altro che l'affermazione della legge del più forte e la perdita della libertà dei più.
Non a caso i due sistemi che hanno dominato gli ultimi 70 anni - capitalismo e social-comunismo, lungi dal contrapporsi, hanno entrambi favorito un modello di società in cui il potere reale confluisce nelle mani di pochi: l'elite economico-finaziaria nel caso del capitalismo, l'apparato burocratico di partito nel caso del social-comunismo. Ultimamente stiamo assistendo alla perversa alleanza di questi due sistemi: il capitalismo, attraverso il monopolio assoluto della produzione di denaro-debito, utilizza lo Stato come braccio armato per la riscossione dei propri crediti ed in cambio fornisce una lauta ricompensa alla casta dei burocrati statali.
Belloc e Chesterton, circa un secolo fa, già profeticamente indicavano nello Stato Servile l'esito ultimo di capitalismo e social-comunismo.

Per non ripetere gli errori del passato, si impone quindi, oggi più che mai, una svolta corporativa, una svolta che consenta di restituire alla gente il potere che gli spetta.

Tale svolta è assolutamente necessaria e si integra perfettamente con gli altri tre fondamentali punti della proposta distributista:
  • il ritorno ad una reale indipendenza economica dell'istituzione familiare
  • la riunione tra capitale e lavoro
  • il ritorno della proprietà del denaro al momento dell'emissione direttamente ai cittadini.

Per informazioni: distributismomovimento.blogspot.com