domenica 30 giugno 2019

LA MAFIA: UNA CORPORAZIONE PERVERSA E DEVIATA CHE PUÒ ESSERE DEBELLATA SOLO DALLE CORPORAZIONI DI ARTI E MESTIERI DISTRIBUTISTE

La mafia: una corporazione perversa e deviata che può essere debellata solo dalle vere corporazioni di arti e mestieri.

Per corporazione si intende ogni corpo sociale naturale che nasce dal basso e che è basato su questi punti centrali:
- interclassismo, cioè confluenza di individui appartenenti a classi diverse (lavoratori stipendiati, proprietari grandi e piccoli, persone facoltose e povere)
- intergenerazionalità (bambini, uomini e vecchi)
- solidarietà interna 
- condivisione di un codice comportamentale
- attenzione per tutte le questioni concrete della vita socio - lavorativa (lavoro, pensioni, tasse, previdenza sociale, pensioni)
- funzione di rappresentanza dei propri membri presso l’autorità centrale statale
- giusto equilibrio tra partecipazione e gerarchia, una gerarchia interna basata sulle competenze ed i meriti reali, dimostrati sul campo
- grande considerazione dell’istituzione familiare
- secondarietà di ogni aspetto ideologico rispetto al senso comune ed alla ragionevolezza legati alla funzione sociale svolta.

Le corporazioni come sappiamo ebbero grande sviluppo durante il Medioevo,
 e furono sostanzialmente il tentativo della Cristianità di tradurre in atto la propria visione dell’agire economico, politico e sociale, basata sul rispetto della massima libertà possibile della persona umana e della sua intrinseca natura sociale.
Esse furono gradualmente svuotate del proprio ruolo e della propria funzione dal progressivo avvento di una mentalità diversa, centrata questa volta sull’homo hominis lupus e sullo Stato onnipresente leviatano di hobbesiana memoria, sul prevalere dell’usura o prestito ad interesse rispetto al lavoro dal punto di vista economico-monetario, in una parola dal prevalere dell’ideologia capitalista, e poi da quella social-comunista, sulla Dottrina Sociale della Chiesa.

Nella Sicilia arretrata del ‘800 invece, in cui, soprattutto nelle aree centro-occidentali di Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanisetta, regnava il latifondismo, le cose andarono diversamente. Qui esisteva una classe sociale detta dei “gabelloti”, cioè di coloro che versavano una “gabella”, cioè appunto un “ versamento o tassa”, ai pochi proprietari in cambio dell’affitto dei loro terreni. I gabellotti si distinguevano dai mezzadri perché, a differenza di questi, appartenevano ad una classe più elevata e più economicamente intraprendente. In assenza di uno Stato forte e di altri raggruppamenti sociali significativi, pian piano i gabellotti costituirono dal basso una sorta di corporazione perversa e deviata, una corporazione cioè che aveva tutti i caratteri della corporazione tradizionale, che era ormai invisa ai poteri centrali accentratori e statalisti, e che aveva per necessità dovuto aggiungere altri punti caratterizzanti, quali la segretezza e l’organizzazione di un proprio braccio armato interno, per poter sopravvivere alle mutate condizioni politico-sociali. I mafiosi si costituirono così progressivamente come corpo intermedio della società, tra l’individuo e lo Stato, totalmente interclassista, vicino alle esigenze reali del territorio e della popolazione, in grado di garantire lavoro ed ordine sociale ai propri membri, aperto a dialogare con quanti non ne facevano parte e con l’istituzione statale. La centralità dell’aspetto solidaristico e familiare e l’adesione al territorio ed alle sue tradizioni, spiega anche come mai la mafia abbia sempre mantenuto dei contatti con il mondo cattolico e come praticamente la maggioranza dei suoi leader si siano proclamati cattolici. Di più: venendo a conoscenza della reale natura dello Stato liberale e massonico, basato sullo sfruttamento della popolazione da parte di un élite economico-finanziaria, è probabile che il mondo mafioso non abbia mai avuto alcun senso di inferiorità morale rispetto a chi ne reggeva le sorti e sia spesso sceso a patti con tale potere centrale, come la storia ripetutamente dimostra, avviando fin dall’inizio un intreccio di favori e ricatti che, come la cronaca giudiziaria ci dimostra, sembra perdurare tuttoggi.
I mafiosi tradizionali sono quindi probabilmente perfettamente consapevoli che la grande mafia non sono loro ma quelle “menti più fini” a cui alludeva anche Falcone, collegate probabilmente con poteri massonici, bancari e finanziari, quelle “menti più fini” oligarchiche che controllano davvero il potere reale nel mondo capitalista e che non disdegnano di utilizzare la mafia tradizionale come braccio armato per i propri fini economici, sociali e politici.

L’adesione al modello corporativo spiegherebbe così la persistenza e l’estendersi del fenomeno mafioso nei secoli.

Dal punto di vista distributista, riteniamo invece che l’unico modo di sconfiggere per sempre ed in maniera definitiva le mafie, quelle tradizionali e quelle massonico-finanziarie che reggono le sorti del mondo, è quello di re-instaurare nella società un sano principio corporativo, attraverso cui ogni cittadino abbia la possibilità di far parte di una propria gilda e corporazione di arte e mestiere, in cui discutere apertamente e con ampia partecipazione tutte le questioni concrete della propria vita socio-lavorativa con tutti coloro che condividono la sua funzione sociale, in cui poter ricevere tutto il supporto e la solidarietà di cui ha bisogno, in cui poter eleggere dei propri rappresentanti che lo tutelino realmente di fronte alla macchina statale e che si impegnino con i rappresentanti di altre gilde per il bene comune di tutta la compagine sociale.
Le mafie cioè non si sconfiggono rendendo il cittadino schiavo e servo dello Stato e dei poteri oligarchici che ci stanno dietro ma ridando poteri reali ai cittadini attraverso le gilde o corporazioni di arti e mestieri distributiste, puntando alla massima possibile distribuzione della proprietà produttiva, cioè all’equità ed alla giustizia sociale.
A quel punto non ci sarà più bisogno di quella corporazione malata e deviata che è Cosa Nostra. Finché invece il potere reale rimarrà nelle mani della vera mafia, quella massonico-finanziaria, non ci può essere speranza che Cosa Nostra venga debellata!

domenica 16 giugno 2019

PARTITOCRAZIA: L'HUMUS IDEALE PER MAFIE FINANZIARIE E NON



La partitocrazia sancisce l'assoluto prevalere del numero sulla quantità: un voto di analfabeta, con tutto il rispetto, vale quale quanto quello di un professore universitario! Non solo: la partitocrazia non si basa su alcun specifico radicamento territoriale o legato alla competenza: tutti possono candidarsi, indipendentemente dal fatto che siano conosciuti o no in una certa area, indipendentemente dalla loro preparazione o dalla loro appartenenza ad un gruppo professionale. Di più: il programma dei partiti non nasce direttamente dalle esigenze di un corpo sociale specifico o di più corpi sociali ma viene elaborato dall'alto da personalità per lo più distanti dalla gente, con "esperti" spesso coaptati per conoscenze personali più che per i loro meriti, e, quello che è peggio, la sua attuazione non è soggetto a nessun monitoraggio specifico. Per di più il cittadino non viene richiesto di esprimersi su ciò di cui ha esperienza comprovata, su ciò di cui ha conoscenze radicate poco passibili di influenzamenti propagandistici ma su questioni e programmi generali rispetto a cui la sua conoscenza è spesso anedottica, superficiale, improvvisata. Inoltre, e soprattutto, chi si presenta al voto deve sottostare ad una serie di costi e di spese praticamente impossibili da sostenere da chi non disponga di significative risorse finanziarie. Mettendo tutto insieme, ciò che ne esce è lo scenario squallido e desolante ceh tutti noi abbiamo dvanti ai nostri occhi, in cui di fatto la politica - ridotta a partitocrazia - viene gestita da personaggi dotati nella maggior parte dei casi di basso profilo culturale, buona o discreta parlantina e soprattutto alto tasso di furbizia, pelo sullo stomaco ed arrivismo, accompagnato da un totale servilismo alle esigenze di chi li finanzia. Un contesto del genere non è nato a caso ma per specifici e facilmente riscontrabili esigenze di controllo legislativo da parte delle classi più agiate e potenti, a cominciare dall'Inghilterra del XVII sec e dalla Francia della fine del XVIII sec. Il sistema partitocratico infatti si affermò ovunque parallelamente all'ascesa di elite economico-finanziarie che, avendo abbandonato il cattolicesimo ed il suo costante riferimento al principio corporativo, trovarono sostanzialmente il modo di controllare la politica senza instaurare una aperta dittatura ma di fatto instaurando una dittatura ancor peggiore, perchè silente e basata sull'inganno sistematico.
Dando uno sguardo agli ultimi tre secoli di vita politica in Europa e negli Stati Uniti è possibile prendere atto che nessun movimento politico è riuscito ad emergere ed a imporsi senza il sostanziale appoggio dell'elite finanziaria. E' successo e succede così per i Tory ed i Labour in Inghilterra, per i Repubblicani ed i Democratici in USA, per i Social-democratici ed i partiti di centro tedeschi, per praticamente tutti i partiti politici italiani, dall'unità d'Italia ad oggi, per giungere fino a Forza Italia, il PD, la Lega ed i 5Stelle, i quali ultimi senza le risorse finanziarie di Casaleggio&Company sarebbero rimasti un gruppo di allegri compagnoni dediti a fantasiose quanto sterili elucubrazioni. Eclatante l'esempio di Berlusconi in Italia, che nel 1992, nel momento in cui la mafia sta perdendo referenti politici affidabili, fonda un partito grazie all'aiuto di un noto affarista palermitano notoriamente coinvolto con la mafia stessa e recentemente arrestato, Marcello dell'Utri e, nel momento in cui sente minacciata la propria famiglia, assume come giardiniere un noto esponente pluriomicida della camorra, tale Vittorio Mangano. La stessa cosa succede nel fronte politico opposto. Basti pensare ai fondi occulti ricevuti per anni dal PCI dalla Russia comunista per finanziare la sua poderosa macchina da guerra di propaganda, teorizzata da Gramsci ma applicata con i soldi dei compagni sovietici, che purtroppo tanti mali ha prodotto dal punto di vista culturale nel nostro paese. Uscendo dall'Italia, Macron in Francia, pupillo dei Rothschild emerso dal nulla, e Trump in USA, multimiliardario eccentrico, sono anche qua i più recenti esempi di una politica-spettacolo fatta di fiammate improvvise alimentate da una montagna di soldi ma prive di contenuti radicati e profondi: la regola ferrea che si impone dovunque è che chi vuole emergere deve ricevere un ingente finanziamento, e questo finanziamento può giungere solo a patto di cedere ad una serie di compromessi, Non solo: è evidente dalla storia recente come l'elite finanziaria utilizzi partiti e personaggi politici come pedine intercambiabili, da usare prima e buttare poi, a secondo delle convenienze. Basti pensare a Gheddafi in Libia e Saddam in Irak, prima ancora a Hitler, uomo dell'anno per il Times nel 1933, ma anche a Mussolini, la DC, Craxi, Prodi, Berlusconi, Bossi e Renzi, per tornare alla nostra penisola.
La partitocrazia è stata ed è l'humus ottimale per il proliferare delle mafie di ogni ordine e grado. Mafia, camorra ed andragheta in Italia si dica controllino in media direttamente il 10% dei voti, attraverso il voto di scambio. Altre mafie (alta finanza e massoneria con il controllo dei mass-media ed i vertici di molte istituzioni pubbliche e private e con il voto di scambio; partiti stessi sempre con il voto di scambio) certamente controllano un'altra fetta di voti sicuramente superiori al 10% della mafia tradizionale. Quanto è emerso dalle recenti cronache politico-giudiziali, la trattativa Stato-mafia, scoperchia poi un quadro che era facile intuire, un quadro consolidato e ben strutturato che mostra che mafie tradizionali e non convenzionali (partitocrazia, massoneria, servizi segreti, alta finanza) sono in realtà in stretto contatto tra di loro, scambiandosi favori a vicenda e traendo massimo beneficio dalla perpetuazione del sistema partitocratico, vero e proprio instumentum regni che consente a tutte loro di proliferare indisturbate a danno della popolazione, come veri e propri saprofiti e parassiti sociali.
Si può quindi dire senza ombra di dubbio che la partitocrazia sia il regime politico funzionale per eccellenza al prevalere dei numeri sulla qualità, della propaganda sui contenuti, della finanza sulle competenze di chi lavora.; che sia lo strumento privilegiato attraverso cui l'oligarchia finanziaria in primis, e poi tutte le varie mafie ad essa associate, si possono assicurare di avere sempre e comunque il coltello dalla parte del manico, essendo in grado in ogni momento di intervenire nei momenti cruciali per tutelare i propri interessi. Il sistema partitocratico, lungi da quanto la propaganda mass-mediatica cerca di convincerci, è quindi quanto di più reazionario, conservatore e totalitario ci possa essere, perchè il suo scopo principale è proprio quello di perpetuare in eterno il controllo di questa stessa oligarchia finanziaria su tutta la vita civile, impedendo un'equa ripartizione dei poteri, della proprietà e delle risorse. La partitocrazia è lo strumento attraverso cui il grande capitale sfrutta il grande Stato a proprio piacimento, realizzando quello Stato Servile che i distributisti Chesterton e Belloc avevano preconizzato un secolo fa. La partitocrazia è in sintesi uno dei principali ostacoli all'attuazione di un'autentica democrazia partecipata. Non si tratta di una speculazione fantasiosa ma della presa d'atto della realtà, confermata dalle cronache nazionali ed internazionali degli ultimi 300 anni.
In sostanza la partitocrazia non è altro che una gabbia che finchè esiste impedirà ogni vera forma di partecipazione e democrazia e come tale va abolita al più presto.
Per fare cosa? Istituire una dittatura, un regime totalitario od oligarchico di altra natura? Assolutamente no! Per restituire invece poteri reali alla gente, aggregata sui vari territori in comparti socio-lavorativi, o gilde o corporazioni di arti e mestieri, all'interno delle quali discutere e decidere tutte le questioni importanti e cruciali che riguardano la vita socio-lavorativa (formazione, stipendi, costi di prodotti e servizi, pensioni, regime previdenziale, codici deontologici etc). Si tratta cioè di ritornare al senso comune ed alla ragionevolezza e di mettere al bando quella follia della ragione, quell'inganno collettivo, quella pseudo-democrazia ipocrita ed ignomigniosa che è stata ed è la partitocrazia. Il Movimento Distributista Italiano è in prima fila nel combattere, con tutti gli uomini di buona volontà, questa battaglia dal cui esito dipenderà la libertà e la prosperità di tutti noi!