mercoledì 20 luglio 2016

LA VERA BATTAGLIA, QUELLA TRA OLIGARCHIA E DEMOCRAZIA


Lo scenario economico-politico e sociale attuale è caratterizzato da un’apparente confusione. Venuto meno lo scontro tra i due grandi paradigmi, capitalismo e social-comunismo, con la netta vittoria del primo sul secondo, la conflittualità si è spostata su altri livelli.
A livello mass-mediatico il terrorismo è diventato il nemico comune da perseguire, mentre a livello economico-sociale si stanno creando una serie di conflittualità interne al modello capitalista: quella tra lavoratori autonomi e dipendenti, tra chi ha un lavoro e chi non ce l’ha, tra giovani e pensionati, tra appartenenti alla macchina burocratica statale e liberi cittadini.
Se si va però un po’ più in profondità è possibile cogliere quella che è la vera battaglia in corso nel nostro periodo storico, e cioè la lotta tra oligarchia e democrazia.
E’ ormai un fatto incontestato che il capitalismo, là dove si afferma, quindi sia nei paesi sviluppati sia nelle nazioni del terzo mondo, produce una società in cui il potere reale e la proprietà sono concentrati nelle mani di pochi, tanto più pochi quanto più il capitalismo stesso ha modo di realizzare compiutamente se stesso.
E’ altrettanto incontestabile che il cittadino medio, invece, in queste stesse società capitalistiche, viene sempre più privato della possibilità d partecipare attivamente alle decisioni che riguardano il proprio ambito socio-lavorativo e riesce sempre meno ad essere possessore di una proprietà produttiva. Il raggio delle sue libertà decisionali viene progressivamente sempre più ridotto: gli rimane solo l’opportunità di inserire una scheda in un’urna ogni 5 anni, eleggendo dei cosiddetti suoi rappresentanti - i parlamentari - che in realtà non conosce neanche e che rappresentano tutto meno che la sua volontà.
I parlamentari sono infatti persone che dipendono strettamente da un partito, il quale partito per svolgere le sue attività ha bisogno di finanze e risorse, le quali finanze e risorse sono, come abbiamo detto, per la maggior parte nelle mani di un numero ristretto di persone. E così il cerchio si chiude.
E’ possibile quindi affermare, senza tema di smentita, che il sistema in cui viviamo non è un sistema democratico ma un sistema oligarchico, basato cioè sul potere di “pochi”. Questi pochi sono i detentori del potere reale (potere economico e finanziario, grandi banche e multinazionali), i quali si servono per l’esercizio del potere dei politici, facilmente comprabili, o direttamente di loro emissari – vedi governi “tecnici” tipo Monti in Italia o Papadimos in Grecia. Il primo era membro del gruppo Bilderberg, della Commissione Trilaterale, dell’Aspen Institute e consulente internazionale di Goldman Sachs e della Coca Cola, il secondo governatore della banca centrale ellenica con esperienza lavorativa alla Federal Reserve di Boston.
La situazione quindi è molto grave, molto grave soprattutto perché il popolo italiano è vittima principalmente di una grande menzogna e di un grande inganno. Ogni male può essere infatti combattuto ed eventualmente superato, ma non quando esso è coperto da una spessa coltre di bugie e di finzioni, non quando è ipocriticamente celato da un vasto apparato di propaganda.
Noi abbiamo già oggi tutte le risorse umane e materiali per far fronte alla grave crisi economico-sociale in cui ci troviamo ma il fatto che il potere reale sia ancora saldamente nella mani di quell’oligarchia di banchieri e capitalisti che hanno creato questa crisi ci impedisce di risolverne le cause alla radice e di uscirne speditamente. Chiusi nella gabbia partitocratica, che ci vogliono par passare dogmaticamente come l’unica forma di governo accettabile, siamo impossibilitati ad usare liberamente le nostre risorse e le nostre capacità, che pur ci sono. Siamo schiavi del sistema bancario-finanziario e ci vogliono far credere di aver raggiunto il massimo della libertà possibile. Siamo sottoposti al rigido potere di una minoranza, e ci vogliono far credere di avere raggiunto il massimo della democrazia.
Di fronte a tutto ciò il distributismo non ha dubbi.
Bisogna radicalmente cambiare marcia e puntare diritti ad una vera democrazia ed ad una vera libertà, basate sul senso comune e sulla ragionevolezza e non sulle sterile e vuota propaganda dei mass-media.
Sono quattro i punti che il distributismo pone come pilastri fondamentali di una civiltà equa, giusta, prospera e solidale:
- l’indipendenza economica della famiglia
- l’unione tra capitale e lavoro, puntando alla massima possibile diffusione della proprietà produttiva
- la partecipazione di chi lavora alle decisioni circa gli aspetti concreti del proprio ambito socio-lavorativo (principio corporativo) ed il conseguente superamento del sistema partitocratico.
- la fine dell’usura da parte del sistema bancario e cioè la restituzione della proprietà della moneta al momento dell’emissione ai cittadini ed agli Stati.
Intorno a questi quattro punti - da cui discendono molti altri quali il superamento della povertà nel mondo, un ordine internazionale rispettoso della libertà dei popoli, il rispetto dell’ambiente – il Movimento Distributista Italiano intende aggregare fin da ora tutte le persone animate da buona volontà, al di là di ogni sterile e nociva divisione ideologica o confessionale.
La vera battaglia è dunque quella tra democrazia ed oligarchia e tutti noi siamo chiamati a prendere posizione, per preservare la nostra libertà e quella dei nostri figli.

Per informazioni: distributismomovimento.blogspot.com o movimentodistributista@gmail.com

sabato 16 luglio 2016

IL GIOCO DI CHI È AL POTERE: IMPEDIRE LA DIFFUSIONE DI IDEE FORTI




La crisi della politica è fondamentalmente una crisi di idee. Caduto il social-comunismo - che ha lasciato orfani milioni di persone - il suo apparente eterno rivale - il capitalismo - si è affermato come modello di riferimento dominante, dogmaticamente imposto come l'unico possibile e percorribile. Di fronte alla crisi attuale l'opinione pubblica è fatta permanere quindi in una condizione impossibile, tipica della persona schizofrenica: dover accettare il capitalismo come il miglior sistema attuabile nel momento stesso in cui se ne constata il fallimento totale.
L'accanimento prevalente di chi oggi detiene il potere reale è proprio quello di continuare a mantenere la gente dentro questa sorta di gabbia mentale: ai servi viene dato tutto - televisione 3d, telefonini di ultima generazione, automobili a prezzi scontati, il voto una volta ogni 5 anni - ma non la chiave per uscire dalla propria gabbia. Il capitalismo può essere modificato, aggiustato, edulcorato ma non va sostituito nella sua struttura di fondo: questo è il dogma che deve regnare incontrastato. Tutte le proposte di cambiamento e rinnovamento possono essere accettate - la gente ha bisogno del "nuovo" -fino a che non minino i presupposti di fondo del sistema capitalista. Le proposte devono essere preferibilmente parziali, frammentarie, isolate, spontaneistiche, tipo 5 Stelle. In questo modo possono poi sempre essere "corrette" o "bilanciate" in modo da non toccare i consolidati equilibri di potere vigenti.
Di che cosa ha paura quindi oggi il capitalismo che domina il mondo? Di un'idea forte che spazzi via il mare di incongruenze, ingiustizie, squilibri, sperequazioni e malessere che il capitalismo stesso  oggi rappresenta.
Una di queste idee forti è il distributismo (distributismomovimento.blogspot.com), che non ha paura di accettare su tutti i fronti il confronto in campo aperto con il capitalismo, nella convinzione che la partita si giochi a questo livello e che tutto il resto rischia di essere un vano e sterile dibattersi dentro le porte chiuse di una prigione.

giovedì 7 luglio 2016

PSICOPATOLOGIA DELLA VITA QUOTIDIANA COLLETTIVA


Parafrasando una celebre opera che Freud scrisse nel 1901 a proposito del carattere nevrotico della psiche individuale, si può oggi affermare senza tema di smentita che la maggior parte di noi è soggetto ad importanti e pervasivi fenomeni di psicopatologia, che non riguardano però la dimensione individuale quanto quella collettiva e comunitaria.
Senza accorgersene, abbiamo fatto propri una serie di credenze del tutto patologiche, se per patologico intendiamo un'idea od un pensiero che ha perso il contatto con la realtà. Il fatto che tale forma di patologia sia condivisa e quindi inavvertita non la rende meno grave e preoccupante, anzi.
Vediamo in specifico di quali forme di psicopatologia si tratti ed in quali idee si manifestino:
1) Il diniego: il diniego è in un meccanismo psicopatologico che consiste nel negare, nelle forme più svariate ed ipocrite, l'esistenza di ciò che esiste e per giunta si conosce (http://www.treccani.it/vocabolario/diniego/).
2) la dissociazione: é un meccanismo di difesa per cui alcuni elementi dei processi psichici rimangono "disconnessi" o separati dal restante sistema psicologico dell'individuo [https://it.wikipedia.org/wiki/Dissociazione_(psicologia)].
Entrambe sono considerate espressione di forme di psicopatologia grave o psicotica.

Un'idea in cui questi due disturbi sono conpresenti è quella di denaro: la gente dedica la maggior parte della propria vita a reperire denaro per la sopravvivenze di sè e della propria famiglia ma realizza un totale diniego ed una totale dissociazione rispetto a che cosa sia il denaro stesso e chi sia il suo proprietario all'atto dell'emissione. Diniego perchè questa realtà è davanti agli occhi di tutti ed eppure viene ignorata. Basta infatti prendere una banconota da 10 euro e leggere di chi è la firma e l'intestazione: Mario Draghi, Banca Centrale Europea. Dissociazione perchè questo dato di fatto viene dissociato da tutto il resto che caratterizza l'esperienza dell'individuo (tasse esose, debito pubblico e privato endemico inarrestabile) e tenuto separato dalle considerazioni con cui si tenta di trovare una soluzione ai nostri problemi.
Un'altra idea implicata in processi psicopatologici è quella di democrazia. Il diniego è evidente quando si sperimenta un mondo in cui il singolo e la famiglia sono stati praticamente desautorati di ogni potere effettivo riguardo alle decisioni concrete della propria vita socio-lavorativa e si persevera a chiamare tale sistema democratico (cioè "potere del popolo"). La dissociazione è ancora più evidente quando nel tentativo di porre rimedio ai gravi e perduranti problemi della politica attuale non si mette in dubbio il sistema partitico che ne costituisce le fondamenta ma si persevera sterilmente ad invocate il nuovo partito od il nuovo esponente di partito in grado di risolvere le cose.
Queste sono solo due delle immumerevoli forme di psicopatologia collettiva in cui tutti noi siamo caduti. A ciò si aggiungono inganni veri e propri operati dal sistema economico, per esempio il fatto che, utlizzando un linguaggio criptico e mistificatorio, le banche commerciali hanno indotto il pubblico a pensare che siano loro a prestare denaro ai clienti mentre in realtà avviene il contrario.
Che fare dunque? Come ovviare a questa psicopatologia collettiva che produce e mantiene malessere sociale ed economico? Tutte le forme di terapia partono da un presupposto iniziale fondamentale: la presa di coscienza. Diniego e dissociazione possono essere superate attraverso un lento e progressivo processo di acquisizione di consapevolezza, che non sia troppo traumatico e rispetti la capacità di metabilizzazione mentale ed affettiva delle persone. A ciò può seguire l'esperienza tonificante di sentirsi meglio, più vitali, più in forma: una volta che la società si sia liberata dal peso opprimente del denaro-debito bancario e dalla falsa democrazia partitocratica si potranno infatti finalmente liberare tutte le energie sane e costruttive della popolazione, che al momento si trovano artificiosamente bloccate ed immiserite da una delle più gravi psicopatologie sociali che l'umanità abbia conosciuto.

Per informazioni: distributismomovimento.blogspot.com