lunedì 29 ottobre 2018

CORPORAZIONI, LIBERTÀ E PROSPERITÀ


 Le corporazioni di arti e mestieri, in grado di distribuire concretamente il potere reale dal basso e di evitare quindi il prevalere dei soliti “poteri forti” dall’alto, hanno rappresentato in tutte le culture ed in tutti i tempi l’unico modo sensato di organizzare in maniera partecipata e quindi funzionale ed efficiente la società. La distribuzione del potere porta infatti alla distribuzione della proprietà produttiva e questa alla vera e duratura prosperità economica, contro le tendenze accentratrici e fallimentari di capitalismo e social-comunismo.
Per questo il distributismo è l’unica vera e praticabile alternativa oggi alla gabbia di capitalismo e social-comunismo


lunedì 15 ottobre 2018

LA PROPOSTA DISTRIBUTISTA



Cari soci,amici e simpatizzanti del Movimento Distributista Italiano,
penso sia chiaro a tutti la gravità della situazione economico-sociale e politica in cui si trova il nostro paese.
La crisi si protrae ormai da 11 anni e moltissime e disparate sono le analisi che sono state fatte, a vari livelli,  circa le sue cause e le sue conseguenze.
Dal punto di vista distributista, questa crisi rappresenta l'esito finale di un ideologia fallace ed incongrua: il capitalismo.
L'essenza del capitalismo può essere individuata in un assunto di fondo: è bene che capitale e lavoro siano separati. Da questa matrice di pensiero, ha avuto origine il denaro-debito, un tipo di denaro cioè, unico nella storia, in grado di moltiplicarsi da solo. Il denaro-debito rappresenta infatti un denaro che si svincola da qualsiasi riferimento ad una riserva aurea (15 agosto 1975) per diventare “fiat money”, puro elemento virtuale in grado di auto-prodursi con una digitazione di computer od un tratto di penna (assegno), grazie al meccanismo convenzionale della riserva frazionaria. Si chiama però denaro-debito perchè il sistema bancario ne ha assunto il controllo assoluto e lo emette a costo praticamente zero, solo ed esclusivamente come debito di Stati e cittadini. Da cui l'indebitamento endemico e generalizzato che tutti noi possiamo osservare.
La separazione tra capitale e lavoro si è poi manifestata per quello che è: uno strumento del capitale per trarre vantaggio dal lavoro, creando una massiccia sperequazione nella distribuzione delle risorse e delle ricchezze. Perchè oggi un infermiere, che svolge un ruolo pieno di sacrifici e molto utile alla collettività, riceve uno stipendio che può essere anche di 1000 volte inferiore a quello di un banchiere, di un proprietario di industria o di un possessore di titoli finanziari? La differenza di reddito, di per sè giusta, può essere giustificabile in queste proporzioni? Se ci guardiamo un po' intorno dobbiamo prendere atto che questo fenomeno sta avvenendo a livello planetario: l'1% della popolazione mondiale oggi possiede più ricchezza del rimanente 99%.
Oltre ad essere un dato moralmente riprovevole, questa situazione è anche economicamente insostenibile: solo una ripartizione equilibrata delle risorse consente la stabilità e la prosperità dell'economia, una situazione cioè in cui ci sarà sempre chi può comprare e chi può vendere, e quindi un costante alto numero di scambi commerciali e di servizi.

Il Movimento Distributista Italiano sostiene quindi con convinzione che questa crisi non è una fase transitoria di un sistema di per sé insostituibile chiamato capitalismo ma è la dimostrazione nei fatti della insostenibilità ed estrema incongruenza del capitalismo stesso, che è sopravvissuto nello stato agonico in cui si trova oggi solo grazie all'intervento della mano pubblica, che negli Stati Uniti ed in Inghilterra, Stati capitalistici per definizione,  ha evitato qualche anno fa il collasso definitivo.
Ci troviamo quindi nella fase terminale dell'esperienza capitalista. Oggi il potere reale non è più nelle mani del potere politico istituzionale bensì in quelle del sistema finanziario nazionale ed internazionale – le banche -, che, attraverso il monopolio assoluto della gestione degli strumenti monetari, di fatto decidono le sorti di intere nazioni facendo leva su fattori prettamente finanziari. Non è un caso che nel momento in cui scriviamo la sorte delle nazioni europee sembra decisamente più dipendere dalle decisioni arbitrarie ed assolutamente insindacabili di un banchiere, governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ex consulente della banca d'affari internazionale Goldman Sachs, piuttosto che dei politici  democraticamente eletti durante le recenti elezioni europee.
Che fare dunque?
La strada che il Movimento Distributista Italiano propone è molto semplice:

    ⁃    mettere fine allo strapotere del mondo finanziario sull'economia reale e sulla politica, restituendo allo Stato ed ai cittadini la proprietà del denaro al momento dell'emissione. In questo modo la moneta tornerà ad essere uno strumento al servizio dell'economia e del bene comune, ristabilendo un ordine naturale che il denaro-debito bancario ha progressivamente sovvertito a partire dal XVII sec.. Gli organismi politici, democraticamente eletti solo allora si potranno riappropriare dell'autorità e del potere di sviluppare un politica economica in grado di arrecare benessere  e prosperità alla comunità dei popoli.
    ⁃    implementare il più possibile, nel rispetto della reale libertà di mercato e dello spirito di iniziativa individuale, la riunione tra capitale e lavoro, in modo che chi lavora sia messo nelle condizioni, dove possibile, di diventare proprietario dei mezzi di produzione. In questo modo la proprietà privata, pilastro del benessere dei cittadini, sarà distribuita naturalmente in maniera più equa, favorendo prosperità e stabilità economica ed il lavoro tornerà ad essere uno strumento al servizio dello sviluppo umano.
    ⁃    Implementare il più possibile il potere decisionale delle singole categorie lavorative rispetto alle questioni economico-sociali più importanti che le riguardano (tassazione, sistema previdenziale-pensionistico, formazione), incrementando la partecipazione diretta della persone alle scelte fondamentali della loro vita socio-lavorativa (creazione di comparti lavorativi secondo il principio corporativo applicato dal basso).
    ⁃    Implementare l'autonomia economico-finanziaria della famiglia, attraverso per esempio un reddito di cittadinanza ed un reddito per il lavoro delle casalinghe.

Abolizione del denaro-debito bancario ed introduzione della proprietà popolare della moneta, legislazione distributista che favorisca l'unione tra capitale e lavoro e la creazione di comparti socio-lavorativi di settore che decidano tutte le questioni più importanti della sfera socio-lavorativa, incremento dell'autonomia economica delle famiglie:
sono queste le quattro direttive verso cui si indirizza la proposta distributista, proposte basate sulla ragionevolezza ed il senso comune e come tali prive di qualsiasi connotazione ideologica.

Utopico, potrebbe dire qualcuno? Esattamente l'opposto, diciamo noi. Etimologicamente “utopia” vuol dire  “non luogo”. Come già diceva J.K.Chesterton nel 1917, l'”utopia”, cioè il “non luogo”,  è quella dei banchieri usurai, che sono riusciti, con strumenti convenzionali privi di logica e di senso comune,  a creare un mondo artificiale staccato dalla realtà, in cui l'ordine naturale delle cose si ' rovesciato e l'uomo si è ritrovato asservito dell'economia,  l'economia asservita al denaro.
 E' proprio il ritorno al reale ed alla ragionevolezza invece che ci può aiutare a superare questa follia sociale ed economica chiamata capitalismo, una follia che ci rende schiavi e da cui ci dobbiamo liberare.

Per ulteriori informazioni:
distributismomovimento.blogspot.com
movimentodistributista@gmail.com


sabato 6 ottobre 2018

DISTRIBUTISMO: UN NUOVO PARADIGMA BASATO SUL SENSO COMUNE OLTRE LO STATO SERVILE


Nel 1962 il filosofo americano Thomas Kuhn diede alle stampe un libro molto importante: “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”. In esso sosteneva che la scienza, contrariamente a quanto si pensa, non procede in maniera lineare ma per cambi di paradigma in grado di introdurre nuove visioni della realtà, sulla base dei quali si sviluppano poi tutta una mole di nuove ricerche, progetti e scoperte.
E’ evidente che tale visione si può applicare tale e quale alla storia.
Viviamo infatti oggi in una fase in cui il paradigma dominante – l’alleanza tra capitalismo e social-comunismo o, in termini più semplici, tra grande capitale e grande Stato – sta mostrando ormai da secoli la sua totale inconsistenza, tanto che il concetto di “crisi” è ormai diffuso in tutti gli ambiti dell’agire sociale: morale, economia, finanza e politica.
Tale paradigma infatti, secondo il distributismo, si basa su fondamenta per così dire metafisiche del tutto incongrue e fallaci, non in grado di cogliere adeguatamente il reale.
La premessa metafisica di fondo del capitalismo è infatti l’avarizia, cioè che sia buono e giusto dare il via libera totale allo sfrenato desiderio di accumulare beni e risorse, mentre quello del social-comunismo è l’invidia, cioè l’odio livellatore per tutto ciò che si distingue in meglio rispetto a sé. La loro alleanza deriva dal ritrovarsi entrambi intorno al principio della separazione tra capitale e lavoro ed alla concentrazione di proprietà e potere nelle mani di pochi: per il capitalismo questi pochi sono i capitalisti, per il social-comunismo i burocrati di Stato. Ecco quindi che lo Stato servile, cioè il sistema in cui l’oligarchia finanziaria mantiene il potere reale attraverso il grande Stato e domina su una massa di servi tutti uguali, rappresenta l’esito ultimo di tale processo, come aveva profetizzato il distributista Hilaire Belloc nel 1911 nel libro ononimo “Lo Stato Servile”.
Un cambiamento quindi a questo punto non può certo avvenire con qualche timida riforma o qualche sporadico ed isolato tentativo ma solo con un cambio netto di paradigma, un cambio netto del modo di intendere l’economia, la politica, la finanza, la moneta. 
Ecco che quindi il pensiero di Thomas Kuhn torna attuale.
Il problema è: quale può essere questo nuovo paradigma?
Innanzitutto dovrà essere un paradigma le cui fondamenta siano solide e ben radicate nel reale: non quindi avarizia od invidia alla sua base ma il sano senso comune e la ragionevolezza, che dal punto di vista economico-sociale e politico non può altro che trasformarsi nei principi di giustizia sociale, equità, bene comune, sussidiarietà e solidarietà. Così, rispetto alla questione centrale del rapporto tra capitale e lavoro, non separazione tra questi due fattori ma unione; non accumulazione del capitale e della proprietà nelle mani di pochi ma massima possibile diffusione della proprietà produttiva secondo i meriti e le competenze di ciascuno. Non quindi libertà assoluta di accumulare con tutti i mezzi beni e risorse, ma regolamentazione condivisa e partecipata del mercato secondo norme e codici comportamentali che assicurino il rispetto della giustizia e dell’equilibrio sociale. Non devono essere associazioni elitarie, lontane, anti-democratiche quali l’Organizzazione Mondiale del Commercio, la Trilateral Commission, il Council for Foreign Relationship, il Gruppo Builderberg, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l’Organizzazione Mondiale della Salute, popolate da banchieri e multinazionali, a decidere le regole che caratterizzano la vita dei cittadini ma devono essere i cittadini stessi, raggruppati secondo la loro naturale funzione lavorativa. Dal punto di vista politico quindi non espropriazione dei poteri reali dei cittadini e loro confluenza nelle mani di burocrati o politici incompetenti o di associazioni anonime sovra-nazionali ma aggregazione dei cittadini per comparti lavorativi e restituzione a loro della maggior parte di tali poteri reali: nulla di nuovo, si tratta del millenario principio corporativo, che riconosce la priorità della famiglia e dei corpi sociali naturali rispetto allo Stato. La società in sintesi non è un aggregato di atomi gestito da un potere centrale ma un corpo vivo che agisce, con funzioni e ruoli diversi e specifici, in vista di un bene comune.
Non più denaro come proprietà esclusiva di un settore sociale limitato – i banchieri – emesso come debito di Stati e cittadini, ma denaro emesso come proprietà dei cittadini stessi e quindi libero dal peso artificiale e mortifero del debito. Non più inoltre denaro-merce, con un suo costo – il tasso di interesse – che intossica e distrugge l’economia reale attraverso lo sfruttamento e la speculazione invece che servirla ma denaro libero da interesse, inteso come strumento indirizzato al bene comune, all’incremento dello scambio di beni e servizi.
Centralità della famiglia naturale; unione di capitale e lavoro e massima diffusione della proprietà produttiva; superamento del sistema partitocratico e reintroduzione del principio corporativo; eliminazione del denaro-debito bancario ed introduzione di una moneta al servizio del bene comune: sono questi i punti essenziali di quello che si presenta come un unico e coeso paradigma in grado di porsi come alternativa valida e coerente allo Stato servile, cioè all’alleanza di capitalismo e social-comunismo.
Questo paradigma si chiama distributismo ed ha in se le potenzialità per finalmente unire il popolo italiano al di là ed oltre ogni sterile divisione partitica, sulla base del senso comune e della ragionevolezza che sono già patrimonio acquisito di tutti. 
Il Movimento Distributista Italiano si pone pertanto come il contenitore in cui unire ed aggregare intorno a contenuti chiari ed incontrovertibili tutte le forze sane della nazione.

Per informazioni ed adesioni distributismomovimento.blogspot.com

venerdì 5 ottobre 2018

LA MANOVRA FINANZIARIA DISTRIBUTISTA



Per prima cosa va chiarito che non è possibile approvare alcuna manovra finanziaria se lo strumento finanziario o monetario che si usa non è in grado di assolvere la sua funzione di essere un mezzo al servizio del bene comune.
Priorità assoluta è pertanto il varo di una norma che sancisca la proprietà popolare della moneta, che i cittadini cioè, e non le banche, siano i depositari della proprietà monetaria al momento dell’emissione. A tal fine è necessario che lo Stato emetta una nuova moneta nazionale priva di debito e di ogni interesse, attribuendone la proprietà ai cittadini tramite un conto corrente. Non quindi una moneta-merce in grado di stravolgere ed affossare, con la speculazione, l’assetto economico-sociale, ma una moneta-mezzo di scambio al servizio della produttività. Ciò metterà definitivamente fine alla ingiusta ed artificiale spirale de debito pubblico e privato.
Come secondo passo, il governo dovrà coordinare la raccolta, da parte di tutte le istituzioni locali (comuni, province, regioni) delle iniziative produttive (beni e servizi) considerati indispensabili al miglioramento delle condizioni reali dei cittadini (infrastrutture, edilizia scolastica, dissesto idrogeologico, rischio sismico, fornitura di cure medico-sanitarie, gestione della giustizia, carceri, ricerca universitaria, conservazione dei beni naturali ed artistici del territorio, sviluppo tecnologico ed energetico, solo per citare alcuni esempi).  Tutti i cittadini, aggregati per comparti socio-lavorativi specifici, avranno la possibilità di partecipare a tale stesura, in modo da utilizzare al massimo le competenze e le capacità reali della nazione, ad di là di ogni divisione partitica. Tali progetti, elaborati dalla società civile con la supervisione esterna degli enti pubblici, previa verifica della loro effettiva utilità, verranno poi finanziati con il nuovo strumento monetario-finanziario privo di debito dalle stesse istituzioni locali.
Per quanto riguarda il debito pubblico esistente, verrà effettuata un’analisi dettagliata della sua effettiva utilità per gli interessi della nazione e qualora venisse dimostrato che, a causa della precedente mancanza di sovranità monetaria, esso abbia costituito una necessità imposta, con effetti dannosi e perniciosi sul benessere della nazione, piuttosto che una libera scelta, esso verrà considerato “detestabile” e pertanto, secondo le correnti leggi del diritto internazionale, annullato.
Ogni tassa sul lavoro dovrà essere totalmente abolita e l’unica forma di tassazione ammessa sarà quella legata al possesso della nuda proprietà terriera non produttiva e sull’utilizzo delle risorse naturali limitate che appartengono a tutti. La tassazione potrà anche essere utilizzata per controllare la massa monetaria in circolazione ed evitare fenomeni inflattivi.
Tale programma è assolutamente fattibile e realizzabile, in quanto rappresenta solamente l’estensione all’ambito economico, politico e sociale del senso comune e della ragionevolezza che alberga dentro ognuno di noi.

Per informazioni ed adesioni distributismomovimento.blogspot.com