martedì 20 ottobre 2015

VOTO DI SCAMBIO E PARTITOCRAZIA: LA SOLUZIONE DISTRIBUTISTA




Il voto di scambio in Italia, si sa, regna sovrano. Aldilà di ogni ipocrisia è opportuno chiedersi il perché di questo fenomeno dilagante. Ad una analisi più approfondita il voto di scambio risulta essere un segnale significativo: il segnale del fallimento totale non di questo o quel partito ma del sistema dei partiti o partitocrazia. Come distributisti non abbiamo nessun dubbio nell’affermare che il sistema dei partiti rappresenta lo strumento privilegiato di controllo e direzione di una minoranza che detiene la maggior parte delle risorse economiche e finanziarie sul resto della popolazione. Il gioco è piuttosto semplice: per essere eletti sono necessari dei finanziamenti per la campagna elettorale. I finanziamenti vengono per necessità da chi ne può disporre. Chi ne può disporre di fatto controlla qualunque persona che venga eletta. I Cinque Stelle ne sono l’esempio più eclatante. Casaleggio controlla il Movimento Cinque Stelle semplicemente per il fatto  che ne è stato e ne è il principale finanziatore: il partito è in questo senso è una sua creatura, una sua proprietà.  Questo sistema, il sistema dei partiti o partitocratico, è contrario alla vera democrazia. Il cittadino medio si sente impotente ed in effetti lo è. In questo contesto, il voto di scambio rappresenta il tentativo, disperato e perverso, di ampie fasce della popolazione di ovviare all’espropriazione totale del potere a cui sono soggette, l’unico modo di “contare” rispetto  alla vita socio-lavorativa concreta.: io ti do il voto e tu in cambio mi dai quello che mi interessa e così siamo tutti contenti. L’esempio più evidente è la Sicilia, in cui il voto di scambio ha rappresentato per decenni l’unica possibilità per migliaia e decine di migliaia di famiglie di avere un lavoro ed una vita accettabile dal punto di vista economico  ma non certo dal punto di vista della dignità personale.
Per risolvere il gravissimo problema del voto di scambio sono inutili, controproducenti ed ipocriti i richiami al valore morale dell’onestà. Coloro che conoscono, gestiscono e si ingrassano con il sistema perverso dei partiti, che autorità morale hanno per accusare coloro che, dal basso, si agganciano alla scialuppa di salvataggio del voto di scambio? Una vera onestà intellettuale impone infatti la presa di coscienza della situazione reale e quindi il superamento del sistema dei partiti ed il passaggio ad una forma di rappresentanza che consenta davvero alla gente in primis di avere un lavoro e poi di partecipare alle decisioni concrete della propria vita lavorativa. Si tratta cioè di creare sul territorio per ogni comparto lavorativo dei contenitori in cui il cittadino possa partecipare a deliberare decidere ed attuare tutte quelle scelte che riguardano la propria vita concreta professionale; si tratta di instaurare, in forma nuova ed adeguata ai tempi, il principio di rappresentanza corporativa, l’unico che possa consentire una vera democrazia e il superamento definitivo della plutocrazia attuale, cioè del dominio dei soldi su ogni altro valore. Si tratta di rimettere al centro dell’agire politico e sociale il lavoro e le competenze e non il conto in banca dei soliti finanziatori che perseguono i propri interessi, si tratta di liberare le capacità ed i talenti del singolo da ogni laccio o lacciolo che ne impediscono lo sviluppo, si tratta di creare le condizioni per l’aumento della ricchezza vera, quella che si basa sull’espressione delle capacità creatrici dell’uomo, si tratta di rimettere il denaro al servizio dell’economia e dell’uomo e non viceversa.
Ci appelliamo pertanto a tutti gli uomini di buona volontà: uscire dalla piaga del voto di scambio e da questa cronica crisi economico-sociale e politica che ne è il logico prodotto, si può e si deve.
Si può, perché il 90% degli italiani in cuor loro sono persone oneste e laboriose che chiedono solo di avere una vita normale. Si deve, perché non possiamo consegnare ai nostri figli un futuro simile al nostro presente.
Il Movimento Distributista Italiano (distributismomovimento.blogspot.com), rigettando il capitalismo ed il socialcomunismo e tutti i loro corollari, è in prima fila, con proposte concrete, ragionevoli e sensate che non pretendono di realizzare il paradiso in terra ma certamente di mettere fine prima possibile all’incubo surreale in cui viviamo.

martedì 13 ottobre 2015

MARINO E LA PARTITOCRAZIA: LA NECESSITA' DI UNA SVOLTA CORPORATIVA

MARINO E LA PARTITOCRAZIA: LA NECESSITA DI UNA SVOLTA CORPORATIVA

Marino si è dimesso, tra le polemiche e le invettive incrociate del PD, dell'opposizione e di Marino stesso. Sullo sfondo c'è mafia capitale, che ha disvelato, se ancora ce ne fosse bisogno, la rete di malaffare, corruzione, concussione, abuso d'ufficio che ha caratterizzato le amministrazioni capitoline di qualunque colore - rossa, nera e bianca - nel corso dei decenni. Ancora più sullo sfondo, i cittadini romani, esasperati e sempre più disillusi e sfiduciati, pervasi da un collettivo senso di impotenza e di rabbia,  consapevoli che il loro legittimo disagio non potrà altro che  incanalarsi  solo nel supportare l'ennesimo “deus ex machina” o salvatore della patria, che verrà proposto loro dalle segreterie di qualche partito.  Il gioco si ripete, inesorabile, da decenni. Non voglio qui entrare nel merito della questione Marino – incapace, inadatto od  eroe anti-casta, uomo onesto? - proprio perchè entrare nei dettagli significherebbe perdere il quadro di insieme ed accettare la vulgata generale proposta all'opinione pubblica per cui il problema sarebbe il singolo politico e non il sistema di rappresentanza parlamentare istituito dal sistema dei partiti.
La situazione amministrativa della capitale riassume bene quello che avviene fin nella più remota provincia italiana: tra cittadini e politici c'è un abisso, non più colmabile. I cittadini furbi cercano pertanto di avvicinarsi ai centri di potere e lucrarne quanti più vantaggi possibili, in tutti i modi percorribili, leciti e no; i cittadini onesti – la maggioranza – subiscono inerti od emigrano.

Il paradosso di questa situazione è che i politici ed i cittadini furbi sono la minoranza, mentre i cittadini onesti sono la maggioranza. Come è possibile che, in un regime democratico, la maggioranza soccomba alla minoranza? Non si dovrebbe piuttosto chiamare oligarchia un sistema del genere?
Una spiegazione di questo fenomeno apparentemente incongruo ci viene dal pensiero distributista, che già nel 1912, con il libro “Partitocrazia”  di Cecil Chesterton ed Hillaire Belloc, aveva colto l'essenza del problema e proposto una soluzione.
La questione è semplice: viviamo in un sistema caratterizzato da un'ipocrisia generalizzata in cui le parole hanno perso il loro valore comunicativo e sono diventate mero strumento di propaganda. Chesterton e Belloc, con uno sguardo profetico che è oggi di estrema attualità, ci fanno notare che il sistema partitico, lungi dal realizzare una democrazia partecipata, rappresenta lo strumento privilegiato dell'oligarchia finanziaria e plutocratica (= basata sul potere dei soldi) per imporre la propria agenda. Come funziona questo strumento? E' presto detto, anche perchè trattasi di un segreto di Pulcinella sotto gli occhi di tutti. I politici che contano, quelli destinati ad essere messi nei posti di potere, vengono accuratamente selezionati e cooptati all'intero di una cerchia ristretta di servitori degli interessi di questa oligarchia finanziaria e capitalista, detentrice del potere reale, indipendentemente dallo schieramento a cui appartengano. L'ipocrita apparenza democratica è così garantita, come è garantito che chiunque vinca non mancherà di essere fedele all'oligarchia imperante. Il cittadino si ritrova così nell'assoluta impossibilità di prendere parte alle decisioni circa le importanti questione concrete che lo riguardano, nel momento stesso in cui gli si dice che ha raggiunto la sua piena e massima emancipazione politica democratica: un messaggio schizofrenico ed in quanto tale paralizzante.
Il vero problema non è quindi la decadenza morale della classe politica - fatto comunque incontestabile - ma la protervia e l'arroganza dell'oligarchia finanziaria e capitalista che è riuscita con le armi della propaganda ad imporre un sistema in cui i cittadini sono stati desautorati di ogni potere reale, un sistema che ha come effetto collaterale quello di aver creato un classe di saprofiti sociali – amministratori pubblici e imprenditori senza scrupoli – che semplicemente tentano di approfittare delle bricioline finanziarie che cadono dal tavolo dei veri commensali.
Qual'è la soluzione proposta dal distributismo, a cui già si appellavano Chesterton e Belloc durante la grave crisi economico-sociale degli anni '30 del secolo scorso?
Ridistribuire il potere alla gente, creando della aggregazioni sociali per ciascuno comparto lavorativo, in cui i cittadini, in base alle rispettive competenze, possano partecipare alle decisioni più importanti che riguardano la propria vita socio-lavorativa (qualità dei prodotti e prestazioni fornite, onorari minimi e massimi, codici comportamentali, previdenza sociale e pensionistica, formazione professionale, regolazione della concorrenza): si tratta cioè di reintrodurre il principio corporativo, così avversato e demonizzato dalla propaganda dei mass-media, che anzi diffondono il mantra della liberalizzazione quale panacea di tutti i mali, mistificandone la vera natura: La liberalizzazione infatti costituisce il vero e proprio chiavistello del capitale apolide nazionale ed internazionale per imporre il proprio dominio sul lavoro. In questo senso capitale e lavoro, invece che combattersi, con l'esito scontato della vittoria del capitale sul lavoro, vanno riconciliati puntando alla loro riunione nelle singole persone in carne ed ossa, favorendo in tutti i modi possibili che chi lavora possa anche diventare proprietario dei mezzi di produzione.

In sintesi: passato Marino, non illudiamoci che dopo di lui giunga chi possa risolvere i problemi di Roma. Incominciamo a fare quello che possiamo, cioè a creare dal basso le corporazioni dell'edilizia, del trasporto, dell'educazione scolastica ed universitaria, del turismo, della sanità  e di tutti gli altri comparti lavorativi e lasciamo che le potenzialità costruttive e le energie dei romani, così come di tutti gli italiani, si possano esprimere e trasformare in decisioni, atti, provvedimenti, scelte in grado di creare le vere ricchezze, quelle che si basano sul lavoro e le capacità creative delle singole persone e non sulle speculazioni finanziarie di una casta di banchieri in grado di controllare con il denaro il teatrino della politica.

venerdì 9 ottobre 2015

TTIP. & U.S.A. : L'attacco economico all'Europa continua

Cosa si intende con la sigla TTIP? 
 Testualmente in inglese significa “Transatlantic Trade and Investment Partnership”.

E' un trattato transatlantico per il commercio e per gli investimenti, un accordo commerciale di “libero scambio” in corso di negoziazione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, ma quando diciamo Stati Uniti d'America dobbiamo intendere necessariamente multinazionali e lobby di potere, cioè quelle che governano veramente anche gli U.S.A.

Il Parlamento Europeo l'8 Luglio ha votato a favore del trattato commerciale. Questo voto ora spiana la strada ai negoziati tra Bruxelles e Washington per creare un’area di libero scambio

Martin Schulz, presidente del parlamento europeo, ha proposto un testo che è stato sostenuto ed approvato con 436 voti a favore, 241 contrari e 30 astensioni, di questi, i conservatori, i liberali e i socialisti hanno votato per il si, mentre, verdi, estrema sinistra e estrema destra si sono opposti. E' dal 2013 che in molti paesi europei (Francia, Germania, Italia, Spagna, Grecia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca e paesi scandinavi) montano proteste per questo trattato che farà diventare sempre più l'Europa una colonia dei poteri economici e delle multinazionali soprattutto d'oltre oceano.

Per capire meglio come stanno le cose, vi consiglio di ascoltare il parere di un grosso premio nobel dell'economia nel 2001, Joseph Stiglitz, che ospite del Parlamento italiano, il 24 settembre 2014 parla molto negativamente del trattato transatlantico. Questo è il
link dove potrete visionare il suo intervento: https://www.youtube.com/watch?v=HsIO5YCuqmU

Vale la pena di riportarlo per intero perché le sue dichiarazioni sono molto pesanti e mirano ad aprirci gli occhi su cosa si sta preparando alle nostre spalle. Infatti non c'è stato nessun dibattito pubblico su questa questione per informare bene i popoli europei.



Penso che l'accordo di scambio che gli Stati Uniti stanno chiedendo all'Europa sia un pessimo accordo e fareste bene a non firmarlo. Non si tratta di un accordo di libero scambio. Lasciate che vi spieghi, vi racconto un aneddoto. Un paese dell'America Latina mi ha consultato , prima di firmare un accordo di libero scambio con gli USA. Gli ho detto che ci sono un paio di problemi, si può firmare un accordo di libero scambio con gli USA, ma un accordo di libero scambio consisterebbe in tre pagine:

-Noi eliminiamo le nostre tariffe doganali e voi le vostre

-Noi eliminiamo le nostre barriere tariffarie e voi le vostre

-Noi eliminiamo i nostri sussidi e voi i vostri

Gli USA non sono interessati ad un accordo di libero scambio, voglio che sia ben chiaro. Gli USA vogliono un patto di gestione del commercio, gestione per interessi particolari negli Stati Uniti e nemmeno negli interessi dei cittadini americani. Questa è una delle ragioni per cui l'USTR si è rifiutato di rilevare le trattative in corso anche ai membri del congresso. Vogliono che i nostri rappresentanti siano all'oscuro su cosa si sta negoziando, figuriamoci i normali cittadini! La questione è molto semplice, le tariffe sono già molto basse, quindi questo accordo di libero scambio non serve ad abbassarle. Cosa riguarda quindi? Riguarda cose come le norme ambientali, quelle sulla sicurezza , le norme sul mondo del lavoro. In questo accordo di gestione , che continuano a chiamare di libero scambio, anche se lo ripeto, non è di libero scambio. In questo accordo di gestione c'è un provvedimento, chiamato “Accordo per gli investimenti” che dovrebbe servire a difendere i diritti degli investitori. Quanti di voi pensano che non ci siano già leggi europee con questa funzione? E che quindi voi abbiate bisogno di ulteriori protezioni per investitori stranieri in Europa, protezioni che non date ai vostri cittadini? Ovviamente, se la vostra regolamentazione del diritto di proprietà avesse qualcosa che non funziona voi dovreste cambiarla, ma negli interessi dei vostri cittadini, non per gli investitori americani, ma è su questo che loro insistono!In realtà non riguarda la protezione degli investitori, è invece un modo per assicurarsi che loro possano scavalcare le norme ambientali, norme sanitarie e cose del genere. Vi faccio un esempio, non è uno scherzo, sta accadendo veramente. Philip Morris ha fatto causa all'Uruguay , perché l'Uruguay vuole proteggere i propri cittadini dalle sigarette tossiche e ha introdotto limitazioni alle pubblicità . Non vendere ai minori...ma Philip Morris ha risposto che quella era una restrizione del loro commercio, che hanno il diritto di vendere prodotti che uccidono la gente. L'Organizzazione Mondiale per la Sanità ha lodato l'Uruguay con l'accordo che firmerete, o meglio, che gli USA vogliono che voi firmiate. Rinuncerete al diritto di proteggere i vostri cittadini...”



Anche in questo caso prendiamo atto che il vero potere risiede nelle plutocrazie che governano il mondo e che spadroneggiano su tutta la terra, grazie alla complicità della politica e dei poteri massonici che le sostengono. Anche se sembrano imbattibili, però il vero potere risiede in noi, infatti il turbo-capitalismo ha bisogno del nostro consenso per sostenersi. Ha bisogno “dell'Homo economicus” che consumi i prodotti che esso genera, quindi potremmo contribuire ad abbattere l'attuale potere consolidato, anche attraverso le nostre scelte quotidiane, come ad esempio quando andiamo fare la spesa boicottando tutti i loro prodotti.



                                                                                                                                         Cosimo Massaro
Fonte:
Articolo scritto da Cosimo Massaro per il giornale Vivavoceweb
http://www.vivavoceweb.com/2015/10/08/ttip-u-s-a-lattacco-economico-alleuropa-continua/#more-70616

Un papa distributista?

"La distribuzione di fatto del potere (politico, economico, militare, tecnologico, ecc.) tra una pluralità di soggetti e la creazione di un sistema giuridico di regolamentazione delle rivendicazioni e degli interessi, realizza la limitazione del potere." Con queste parole Papa Francesco ha ricordato all'Onu che non possono esistere pace, giustizia, diritto e nemmeno libertà personali, sovranità dei popoli o un mercato libero dai monopoli senza che si realizzi nei fatti quel movimento distributista (economico, politico ecc.) nato da Chesterton, Belloce Mc Nabb quale atttuazione della Dottrina Sociale della Chiesa. Ai giorni nostri il Distributismo insiste su alcuni punti chiave: la proprietà della moneta deve essere dei popoli e degli Stati, capitale e lavoro devono essere riuniti, chi lavora deve partecipare alle decisioni importanti della sua vita socio-lavorativa e la famiglia deve essere tutelata nella sua libertà educativa ed economico-sociale.
Matteo Maria Martinoli, Milano.

domenica 23 agosto 2015

CHE COSA E' IL DISTRIBUTISMO E CHE COSA NON E'.

Capita spesso che quando si parla di distributismo la gente rimanga un po' spiazzata, non conoscendo il termine. La maggior parte intende, estrapolando un possibile significato dal nome, che sia qualcosa che abbia a che fare con qualcuno che distribuisce qualcosa a qualcun'altro. E la cosa rimane nel vago.
Certamente il distributismo non è questo.
Che cosa veramente è, allora?
Il distributismo nasce nella prima metà del secolo scorso in Inghilterra. I suoi fondatori sono tre personalità importanti del mondo politico-culturale di allora: G.K.Chesterton, H.Belloc e padre McNabb.
Che cosa proposero e propongono? In estrema sintesi, due premesse e quattro direttive chiare.
Prima premessa: mettere da parte le ideologie e fare appello, per quanto riguarda l'agire economico-politico-sociale, alla ragionevolezza ed al senso comune. Immediata conseguenza: l'economia non si deve occupare solo di fare quadrare bilanci contabili ma di garantire alle famiglie ed a chi lavora un'esistenza umana e dignitosa basata sulla giustizia sociale. Economia, giustizia e politica sono quindi intimamente connesse.
Seconda premessa: l'uomo è un essere sociale che si realizza in un contesto di relazioni con il proprio prossimo a vario livello: famiglia, lavoro, Stato. A ciascun livello si devono creare le condizioni per una convivenza ottimale tra le persone. Ciò che caratterizza l'uomo è anche la sua libertà creativa, che deve essere perciò potenziata al massimo. Tale libertà non è solo una libertà da ma soprattutto una libertà di: libertà di avere una famiglia, di avere un lavoro, di essere tutelato dallo Stato rispetto ai propri diritti fondamentali contro l'arroganza del più forte.
Prima direttiva: la famiglia è una società naturale che consente all'uomo di crescere e di formarsi. Tale società naturale deve essere tutelata e garantita dagli ordinamenti legislativi, soprattutto nella sua indipendenza economica.
Seconda direttiva: la proprietà privata è un bene essenziale che consente all'uomo di sviluppare le proprie potenzialità in maniera libera e creativa e non servile. E' di fondamentale importanza quindi che si creino le condizioni per una sua massima diffusione tra la popolazione. Questo consentirà anche una massima resa della proprietà e dei beni, perchè nulla come l'occhio del padrone può ingrassare il cavallo. Per ottenere questa massima diffusione c'è una sola strada: favorire l'unione tra capitale e lavoro, favorire cioè che chi lavora possa anche diventare proprietario dei mezzi di produzione. In questo modo si potrà continuare a beneficiare del capitale ma si metterà al bando una volta per sempre il capitalismo, la cui essenza è proprio la separazione tra capitale e lavoro. In questo modo il lavoro tornerà ad essere un mezzo di realizzazione dell'individuo e la sua qualità ed il suo senso nell'orizzonte esistenziale della persona tornerà ad essere predominante, favorendo una crescita di ricchezza umana e produttiva reale. Il profitto e la speculazione verranno sostituiti dalla remunerazione, che è il giusto compenso per il proprio operato e non avranno più un ruolo trainante come purtroppo succede oggi. Il perenne conflitto tra capitale e lavoro, fonte di secolari ingiustizie e di costanti e gravissime sperequazioni sociali, verrà risolto dal basso. Si giungerà ad una situazione di stabilità ed equilibrio economico, in cui ci sarà sempre chi può produrre e chi può comprare. In questo modo l'iniziativa e le capacità del singolo verrano utilizzate al massimo ed il merito tornerà ad essere al centro dell'agire economico-sociale, fatta salva la tutela e la solidarietà verso i più deboli.
Terza direttiva: l'uomo realizza la sua libertà anche attraverso il lavoro in un preciso contesto sociale e territoriale. Perchè il lavoro sia un'occasione di libertà, chi lo esegue deve essere in grado di potere partecipare alla decisioni di tutte le questioni concrete che lo caratterizzano: formazione, definizione degli standard quantitativi e qualitativi di produzione e dei servizi offerti, onorari minimi e massimi, tassazione, tutela previdenziale e pensionistica e quant'altro. E' necessario quindi che si creino dal basso dei contenitori in cui questo tipo di discussione avvenga e prenda forma. Stiamo parlando del principio corporativo. Il principio corporativo, cioè l'aggregazione di persone per comparto lavorativo condiviso, al di là di ogni divisione di classe, deve pertanto essere ripreso e imporsi come modalità prevalente di rappresentanza democratica, sostituendo la ormai desueta ed inefficiente rappresentanza di tipo partitico. Il lavoratore-proprietario deve essere messo nelle condizioni di decidere le cose concrete del suo lavoro, non di votare una volta ogni cinque e demandare il tutto a dei funzionari di partito, vulnerabili ai condizionamenti del grande capitale ed incapaci di realizzare la volontà del popolo.
Quarta direttiva: la finanza e la moneta oggi indubitabilmente governano il mondo. Esse invece devono tornare ad essere uno strumento al servizio del bene comune. Per far questo c'è una sola strada: la moneta deve nascere unicamente ed esclusivamente di proprietà dei cittadini e dello Stato e non del sistema bancario privato come, nell'ignoranza generale, avviene oggi, generando la perversione sociale del debito generalizzato. I gravi problemi economici-sociali che ci attanagliano (tasse esose, debito pubblico e privato, perdita del potere di acquisto dei salari e delle remunerazioni) hanno infatti la loro radice in folli convenzioni monetarie che il sistema bancario è riuscito ad imporre nel segreto delle stanze del potere, all'insaputa dell'opinione pubblica.
Senza questo passaggio ogni altro progetto di cambiamento sarà vano e sarà destinato a rimanere mero flatus voci. Chi controlla la moneta controlla il mondo, come sanno bene i banchieri.
Sesto: lo Stato svolge una funzione importantissima nella tutela e garanzia del bene comune. Tuttavia esso dovrebbe lasciare spazio alla società reale in tutti quei settori in cui questo è possibile.
Quando si dice lasciare spazio alla società reale non si intende concedere via libera alla mano invisibile del mercato, e quindi alla legge del più forte, ma affidare compiti sociali ed economici ai membri delle gilde e corporazioni presenti sul territorio, gilde e corporazioni normate da leggi che garantiscano, come già detto, la lotta ai monopoli, la partecipazione democratica dei propri affiliati, regole condivise che combattano la concorrenza sleale e tutto quanto possa inficiare un mercato equo, efficiente, stabile e prospero. Il settore dell'educazione, della sanità potrebbe quindi essere gestito da questa forma di privato sociale, dove il profitto sarebbe solo il giusto compenso per le proprie fatiche e non il fine principale di ogni impresa economica. Lo Stato distributista è quindi ben lontano dallo Stato social-comunista, che accentra su di sé il potere reale e la proprietà dei beni. Allo stesso modo lo Stato distributista è lontano anni luce dalla Stato capitalista, che, come succede oggi, concentra il potere nelle mani di un gruppo ristretto di capitalisti detentori di immense ricchezze - i grandi banchieri, le grandi multinazionali - i quali di fatto controllano la politica ed i mass-media attraverso il potere dei soldi.
Il distributismo quindi è tutto questo, nella sua interezza. Togliamo una delle quattro direttive e non avremmo più il distributismo ma un suo ibrido incapace di incidere davvero sulla realtà presente.
Il distributismo non è una proposta confessionale, pur essendo stato fondato da persone cattoliche ed essendo profondamente ispirato alla Dottrina Sociale della Chiesa. Il distributismo è aperto a tutti gli uomini di buona volontà.
Il distributismo non si identifica con singole e specifiche ricette tecniche, che devono essere discusse approfonditamente di caso in caso con il supporto di esperti in materia.
Il distributismo indica una strada, una visione alternativa al social-comunismo ed al capitalismo, ed ovviamente al fascismo che rappresenta ormai non più di un fatto storico, ponendosi al di là delle ideologie che dividono, disponibile al dialogo con tutti sulla base del senso comune e della ragionevelezza.
In Italia il distributismo ha preso forma nel Movimento Distributista Italiano (distibutismomovimento.blogspot.com) che ha già avviato una serie di iniziative ed attività al fine di aggregare quante più persone possibile ed incidere nel panorama politico nostrano.
Il Movimento Distributista Italiano è in contatto con associazioni ed istituzioni distributiste di tutto il mondo, nell'intento di consolidare una rete internazionale in grado di affrontare i problemi globali che minacciano la nostra civiltà.

sabato 22 agosto 2015

LA FAMIGLIA: UCCISA DAL CAPITALISMO E SALVATA DAL DISTRIBUTISMO


Che nesso c'è tra capitalismo e famiglia? Non appartengono forse a due dimensioni diverse del reale? Il capitalismo si occupa di modellare la nostra vita economico-sociale, la famiglia rappresenta una scelta personale che riguarda la vita privata.
Sappiamo tutti che questa visione è del tutto superficiale ed infondata. Sarebbe come dire che ciò che determina il modo in cui è strutturata la nostra vita lavorativa, le nostre risorse economiche, la nostra possibilità di essere o no proprietari di alcuni beni, la quantità di tempo che possiamo dedicare allo svago ed alle relazioni, non influenzi in alcun modo la nostra vita personale. Non è così. Il sistema capitalista influenza in maniera sostanziale la nostra possibilità di vivere, intendere e sperimentare la famiglia.
Di piu. L'assunto di fondo del capitalismo è la separazione tra capitale e lavoro. Il capitale viene quindi concepito nella teoria ed attuato nella pratica come un fattore assoluto svincolato dal lavoro, libero di muoversi in qualunque direzione ed in qualunque modo per un unico fine: il profitto.
Tutto ciò che intralcia questa marcia inesorabile e risoluta del capitale verso il profitto è considerato un ostacolo. Così, alla fine del XVIII secolo, sono state definitivamente eliminate le corporazioni, dopo secoli di esistenza, che rappresentavano un corpo sociale intermedio, un centro di potere radicato sul territorio e partecipato dal basso, che poteva opporsi alla proletarizzazione ed allo sfruttamento delle masse, avvenuti puntualmente nei decenni successivi.
Così, a partire dalla seconda metà del secolo corso, è stato sferrato un attacco contro la famiglia, che potrebbe rappresentare, se veramente solida ed economicamente indipendente, un baluardo di valori e formazione umana contro la colonizzazione consumistica operata dalla poderosa macchina del marketing commerciale organizzata dalle grandi multinazionali. Una famiglia solida ed economicamente indipendente è un centro vitale potenzialmente pericoloso per il capitalismo in quanto in essa l'essere umano potrebbe essere educato ed acculturato secondo criteri comportamentali ed orientamenti valoriali non necessariamente coincidenti con quelli veicolati dall'onnipresente organizzazione mass-mediatica capitalista, che sta assumendo tratti orwelliani. Meglio quindi una famiglia liquida, inconsistente, fragile, economicamente vulnerabile: meglio che i figli, dovendo le madri per scelta o necessità andare a lavorare, siano educati a scuola, possibilmente tutti in maniera uniforme secondo i programmi ministeriali, meglio che mamma e papà non abbiamo poi tanto tempo per parlarsi o per per parlare con i figli e quindi per comunicare e consolidare i propri valori; meglio diffondere il divorzio, un divorzio che deve essere sempre più facile e rapido, per consolidare nella gente la convinzione che il patto ed il voto matrimoniale non esista - non mi risulta infatti che esistano patti fatti per essere sciolti – e quindi che il terreno su cui si basa la famiglia non è la solida roccia della donazione reciproca e totale in piena libertà di due persone, ma la soggettività labile e volatile di due individui, di qualunque sesso, esposti a mille condizionamenti. In questa direzione, meglio sostenere che la sessualità debba e possa essere vissuta senza alcun retrogrado senso di colpa anche al di fuori della famiglia, con altre persone, di qualsiasi sesso, o con strumenti informatici – vedi la totale liberalizzazione della pornografia su internet – in modo da aprire le porte alla disgregazione della famiglia dall'interno. Meglio convincere la gente a lasciar libero ogni freno inibitorio nei confronti della propria sessualità, facendo passare tutto ciò come una conquista dell'umanità piuttosto che la perdita della vera libertà umana, quella dagli istinti, e la regressione ad una condizione di dipendenza dalle proprie pulsioni che l'umanità ha già conosciuto in tutte le fasi di decadenza delle civiltà. Meglio diffondere la mentalità che non solo il patto matrimoniale non esista, ma anche l'identità sessuale delle persone non sia un dato emergente dalla natura nell'esperienza quotidiana ma una condizione volatile e reversibile determinata dalla scelta individuale.
Questo modo di pensare l'uomo e le sue relazioni più intime, questo modo quindi di non pensare la famiglia – diciamolo pure, questo attacco alla famiglia – non nasce dal nulla: è stato ed è tuttora lautamente finanziato e foraggiato da quelle fondazioni filantropiche, da quei think tank, da quelle congreghe ed associazioni di ben pensanti e benefattori dell'umanità a loro volta finanziate e foraggiate dai soliti noti, la crema della finanza internazionale e nazionale, un numero ristretto di famiglie plurimiliardarie, di cui forse l'esempio più eclatante è il centenario David Rockfeller, banchiere americano fondatore del Gruppo Bilderberg e della Commissione Trilaterale, ex presidente del “Council of Foreign Relationship”.
Così il cerchio si chiude. I massimi esponenti del capitalismo sono i massimi finanziatori della marea montante ideologica contro la famiglia. Il re è nudo. Capitalismo e famiglia sono due realtà incompatibili, perchè diversi ed inconciliabili sono gli orizzonti valoriali su cui si fondano, con tanta pace di quegli ambienti curiali che ancora si affannano a sostenere il sistema capitalista attuale, proponendone solo flebili palliativi invece che denunciarne con fermezza l'intrinseca incongruenza.
Solo il rilancio di una società nuova, imperniata sulla ragionevolezza ed il senso comune del distributismo, potranno consentire la rinascita vera e concreta dell'istituzione familiare, al di là di ogni confessionalismo ed in nome di quei valori universali che si trovano nel cuore di ogni uomo.

venerdì 21 agosto 2015

Una società più misura d'uomo e meno a misura del dio-denaro.


Siamo in crisi. Una crisi grave che colpisce la maggioranza dei cittadini. I dati sono eclatanti: basta leggere i dati ISTAT sulla povertà, sul reddito e sul potere di acquisto delle famiglie, sul fallimento in massa delle piccole e medie imprese, sull'incremento spaventoso della disoccupazione, giovanile e no, sulle difficili condizioni di vita dei pensionati, sulla denatalità. Ciò che più spaventa inoltre non è il quadro appena descritta ma il fatto che i nostri politici sembrano totalmente incapaci di trovare una ricetta per farci uscire da questa situazione. Se ascoltate attentamente quanto dicono, l'unico mantra che ripetono, in perfetta sintonia tra certa destra e certa sinistra, è che la soluzione verrà dalla banche: la ripresa non avviene perchè ancora le banche non forniscono soldi alla gente, tengono i soldi per sé. Questo è il vero problema da risolvere. Questo modo di pensare invece, senza tema di smentita, è la vera follia! La crisi che ci ha colpito tutti infatti, a partire dai mutui Subprime del 2007, è stata una crisi del debito. Non sapendo più a chi prestare denaro, e quindi come incrementare i loro profitti, le banche hanno incominciato ad indebitare anche chi sapevano sarebbe stato insolvente. I nodi però sono venuti al pettine. Chi era indebitato non è stato più in grado, come era prevedibile, di pagare i propri debiti e così le banche hanno incominciato a fallire, a produrre minor credito, a chiedere indietro quello già erogato, ad imporre condizioni più stringenti e selettive per quello nuovo emesso. Conseguenza: rarefazione monetaria, cioè diminuzione della massa monetaria disponibile ai cittadini per gli scambi, quindi riduzione degli scambi, quindi ulteriore crisi, cioè diminuzione della produzione e delle vendite.
E' importante a questo punto fare un inciso: il denaro oggi nasce solo ed esclusivamente come debito di Stati, imprese e cittadini verso il sistema bancario che lo emette dal nulla a costo zero. Le banconote (3% del denaro totale) vengono infatti emesse dalle banche centrali, per lo più private, secondo un parametro quantitativo totalmente arbitrario ed insindacabile deciso dalle banche centrali stesse e senza alcun riferimento a riserve di qualsiasi tipo. Il peggio però è che vengono emesse solo ed esclusivamente come debito verso tutti gli attori del corpo sociale, debito che deve essere restituito con tanto di interessi. Il rimanente 97% del denaro totale inoltre – udite! Udite! - viene creato dal nulla - infatti si chiama “fiat money” in termini tecnici - dalle banche commerciali private grazie la meccanismo della riserva frazionaria. Per ogni 100 euro depositati, il sistema bancario nel suo complesso è autorizzato a creare denaro dal nulla fino a 50 volte tanto, cioè 5000 euro, denaro che sarà solo e soltanto una cosa: debito verso Stati, imprese e cittadini!
Questo meccanismo perverso di emissione monetaria, per cui produzione di denaro e produzione di debito coincidono in maniera assoluta ed ineluttabile, è la vera causa dell'enorme bolla debitoria di cui tutti noi siamo ancora vittime. Come i nostri politici pensano di risolverla? Incrementandola! Cioè creando le condizioni perchè le banche possano continuare a fare quello che negli ultimi secoli, a parte temporanee e sane ribellioni del corpo sociale, hanno sempre fatto: indebitare i cittadini con l'emissione di denaro-debito! Questo vuol dire, in sintesi, voler spegnere un incendio buttando altra benzina sul fuoco, e chi è responsabile della cosa pubblica non può non essere ritenuto responsabile di tale comportamento.
Aspettiamo quindi gioiosi e speranzosi che le banche siano di nuovo in grado di indebitarci emettendo nuovi prestiti per spianare la strada ad una ancora più radicale schiavitù monetaria, nell'attesa di un'inevitabile ulteriore crisi in cui il sistema bancario potrà compiere l'ulteriore razzia su quei pochi e sempre più scarsi beni reali di cui siamo in possesso.
Se il denaro in generale dovrebbe essere l'ossigeno che consente la vita in termini di scambi e produzione in una società, questo tipo di denaro, il denaro-debito bancario, è un veleno che intossica e compromette ogni sana iniziativa umana in quanto ogni iniziativa ha bisogno di moneta per realizzarsi. Rendiamoci conto della follia: tutto il denaro oggi nasce come debito, quindi se paradossalmente la maggior parte di noi fosse in grado, come dovrebbe e potrebbe essere, di ripagare i propri debiti o, ancora meglio, di non farne, non ci sarebbe denaro sufficiente per gli scambi! Il sistema bancario, in altre parole, tiene per la gola il tessuto produttivo, essendo riuscito, passo passo, leggina dopo leggina, ad impadronirsi del monopolio totale dell'emissione monetaria.
Non abbiamo altra alternativa: o ribellarci e chiedere con risolutezza l'introduzione di un denaro che nasca libero da debito, cioè di proprietà di Stati e cittadini, o condannare noi ed i nostri figli ad una sempre più stringente ed onnicomprensiva schiavitù monetaria imposta dal sistema bancario.
Di fronte a questo scenario i nostri politici non possono rimanere a guardare, proponendo come ricetta il perpetuarsi della spirale debitoria, ma sono chiamati ad agire e subito!
Se non lo faranno – cosa che purtroppo sembra verosimile – toccherà a noi mandarli a casa e sostituirli con rappresentanti intenzionati a fare davvero gli interessi della popolazione.

Il Distributismo propone la massima possibile diffusione della proprietà privata, l'unione tra capitale e lavoro, la partecipazione di chi lavora alle decisioni concrete del proprio comparto lavorativo, la libertà anche e soprattutto economica della famiglie.
Tutto ciò rimarrà irrealizzabile, sarà vuota e sterile retorica finchè il potere reale rimarrà nelle mani di una ristretta cerchia di persone – i banchieri – che sono riusciti ad acquisire la proprietà ed il controllo totale dello strumento monetario e possono così gestire e condizionare la stragrande maggioranza delle azioni umane.

Ridimensioniamo quindi l'”ubris” bancaria, riportiamo il denaro a quello che avrebbe dovuto sempre essere – uno strumento al servizio dell'economia e del bene comune.
Il Positive Money, per esempio, è un progetto di riforma monetaria, messo a punto in Inghilterra da un gruppo di esperti e che sta riscuotendo successo in tutto il mondo: propone che il denaro nasca di proprietà di Stati e cittadini e che il sistema bancario non possa più creare denaro dal nulla. Una ricetta molto semplice, di senso comune, che potrebbe capire anche un bambino delle elementari.

Come distributisti siamo orgogliosi infatti di proporre la ragionevolezza e il senso comune come ingredienti basilari, a disposizione di tutti, per migliorare le cose verso una società più misura d'uomo e meno a misura del dio-denaro.


Laici cattolici e capitalismo: un abbraccio mortale

l mondo cattolico in Italia è ancora forte e ben presente, radicato a livello culturale e sociale.
Qual'è stato e qual'è però il suo ruolo in politica, a partire dagli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale fino da oggi?
Questa domanda si può porre anche in maniera diversa: qual'è stato e qual'è il rapporto tra mondo cattolico e capitalismo, visto che il capitalismo è oggi il modello economico-sociale dominante?
Su questi temi gli storici, i sociologi, gli economisti hanno scritto fiumi di inchiostro e altri ne ne scriveranno ma è importante che la questione venga affrontata anche dalll'opinione pubblica.
I dati storici in nostro possesso parlano chiaro: i laici cattolici impegnati in politica – quelli che sono riusciti ad avere importanti responsabilità istituzionali - a partire dal 1945 sono stati del tutto incapaci di proporre un modello sostenibile economico-sociale alternativo al capitalismo. Ritrovandosi in un contesto politico dominato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, gli esponenti politici cattolici, a partire da De Gasperi e da tutta la nomenclatura democristiana, hanno pensato bene di fare buon viso a cattivo gioco: hanno accettato supinamente il modello di sviluppo imposto dai vincitori del secondo conflitto mondiale, come avevano sostanzialmente accettato il modello dei precedenti “padroni” (ricordiamoci quanto si diceva in tutte le parrocchie: “Mussolini uomo della provvidenza”) cercando di “inverarlo” dall'interno con aggiunte e correzioni di ispirazione cattolica.
Solo la storia potrà svelare se tale cedimento sia stato dovuto ad una necessità imposta dalle circostanze od ad una presa di posizione “ideologica” ed autonoma indipendente da esse od un misto di questi due fattori.
Fatto sta che purtroppo tra capitalismo e laici cattolici si è consumato un abbraccio mortale e l'agonia del capitalismo ha così trascinato con sé tutta quella classe dirigente cattolica che si era crogiolata in tale abbraccio.
Lo Stato capitalista attuale non è in grado di rispondere ai bisogni reali della gente e quindi la disaffezione nei suoi confronti cresce in maniera proporzionale a tale presa di coscienza. L'aumento vertiginoso dell'astensionismo elettorale ne è il segnale più evidente.
I laici cattolici che continueranno sulla strada dell'abbraccio al capitalismo ne subiranno quindi la stessa sorte: verrano sempre più emarginati dall'agire politico e condannati ad un destino di sulbalternità od al massimo continueranno a fare a quello che hanno sempre fatto, più o meno consapevolmente: i camerieri dei banchieri.
Chesterton e Belloc, agli inizia del secolo, fecero un'altra scelta: da cattolici impegnati nel sociale abbracciarono con entusiasmo la verità e l'aderenza al reale, valori peraltro non confessionali, e non i potenti di turno. Si schierarono risolutamente, e senza se e senza ma, contro l'establishment dominante, quello liberal-capitalista, non sulla base di un'ideologia ma del rispetto della ragionevolezze e del senso comune, rispetto ai quali non scesero mai ad alcun compromesso. Così fondarono il distributismo, che, aprendosi a tutti gli uomini di buona volontà, si oppose con pacata risolutezza al capitalismo ed al social-comunismo. proponendo una società a misura d'uomo basata sull'unione tra capitale e lavoro e sull'attuazione di una vera democrazia basata sul principio corporativo.
Ora la proposta profetica di Chesterton e Belloc ha di fronte l'orizzonte del futuro, sapendo intercettare il cuore della gente e ponendosi come risposta praticabile ai gravi problemi attuali, mentre i laici cattolici che hanno abbracciato il capitalismo sono destinati alla polvere della storia. Ci ricordiamoci noi oggi forse di quelle migliaia di laici cattolici che, ammaliati dal luccichio del tempo presente, abbracciarono con entusiasmo il fascismo?

lunedì 3 agosto 2015

domenica 12 luglio 2015

Tsipras e la Merkel: un riedizione della classica alleanza tra social-comunismo e liberal-capitalismo.


Tsipras, lungi dal riprendere la chiara volontà popolare espressasi con un referendum contro le proposte involutive della Troika, ha deciso di consegnare la Grecia agli usurai della Banca Centrale Europea, del Fondo Monetario Internazionale e della Commissione Europea: perché? Per inconfessabili pressioni personali, intrallazzi vari di corte?
No, o comunque non principalmente per questo ma per quello che i distributisti affermano da sempre: la sostanziale convergenza tra social-comunismo e liberal-capitalismo rispetto ad un comune modello economico-sociale caratterizzato da forte dirigismo centralista, dalla forte limitazione del potere dei corpi intermedi e quindi dal rifiuto di una vera democrazia partecipativa. Non interessa a Tsipras abbattere il monopolio bancario dell'emissione monetaria e lo strapotere della finanza sull'economia reale - non mi risulta infatti he abbia mai parlato - ma piegare questi enormi strumenti di potere, almeno in parte, ai supremi interessi della classe proletaria. Una sorta di inveramento del capitalismo in salsa socialista, proprio come i democristiani in Italia tentarono di operare l'inveramento del comunismo in salsa Dottrina Sociale della Chiesa.
Tsipras non ha mai accennato infatti alla partecipazione dei lavoratori alla proprietà dei mezzi di produzione né di quella forma reale di democrazia che consiste nel restituire ai vari comparti lavorativi la libertà di decidere tutte le questioni più importanti della loro vita socio-lavorativa (principio corporativo).
Capitalismo e social-comunismo, diceva già Chesterton un secolo fa, sono due facce della stessa medaglia: per questo non ci si può stupire di quanto stia avvenendo in Grecia, non ci si può stupire che la Merkel e Tsipras abbiano molto di più in conune di quanto vogliano farci credere.

Matteo Mazzariol
Presidente MODIT (Movimento Distributista Italiano)

domenica 5 luglio 2015

UN'OCCASIONE DI DIGNITA' E LIBERTA' PER LA GRECIA E PER L'EUROPA


Osservazioni del Movimento Distributista Italiano sulla crisi greca


Un'occasione per la Grecia e per l'Europa: la crisi del paese ellenico rappresenta questo.
Un'occasione per i cittadini per avvicinarsi un po' di più alla verità di ciò che sta avvenendo, per fare chiarezza su cosa stia davvero succedendo, una chiarezza necessaria per orientare le scelte politiche e sperare in un futuro migliore.
In questo momento impazzano le opinioni ed i cittadini sono subissate da ipotesi, pareri, teorie, previsioni, discordanti tra di loro, ciascuna sostenuta da abili commentatori, giornalisti e politici in grado, come nella sofistica greca del V sec. a.c., di dimostrare tutto ed il contrario di tutto: professionisti della parola, insomma.
La Grecia ha vissuto di rendita fino ad adesso, spendendo più di quanto produce, sperperando le risorse finanziarie ricevute, fino ad arrivare al collasso economico? Oppure è stata terra di conquista degli usurai delle banche internazionali, che, potendo creare denaro dal nulla attraverso il sistema della riserva frazionaria, prima hanno indebitato ad interesse sapendo di rivolgersi ad un debitore probabilmente insolvente e poi, con l'arroganza degli usurai, hanno imposto le loro direttive di politica economica su un'intera nazione a loro esclusivo vantaggio, gettando nella disperazione e nella miseria la popolazione?
Certamente c'e un po' di vero in ambedue queste ipotesi, ma una maggiore chiarezza a proposito può essere fatta da ciascuno, una volta che sia chiarito il meccanismo attraverso cui oggi si creano i soldi.
Il denaro oggi non nasce, come molti ancora pensano, dalla zecca dello Stato, che lo produrrebbe per poi utilizzarlo a fini pubblici, nossignore! Il denaro oggi nasce solo ed esclusivamente come debito di Stati e cittadini verso il sistema bancario. Il 3% della moneta esistente è costituita infatti da banconote prodotte dal nulla dalle banche centrali, molte delle quali di proprietà di banche private, che lo “imprestano”, con un'interesse elevato, a Stati, cittadini, imprese, e con un interesse pari quasi a zero (come ad esempio lo 0,15%) alle banche private.
Il rimanente 97% del denaro esistente è creato dalle banche commerciali private, grazie al meccanismo della riserva frazionaria, sulla base dei depositi che esse ricevono e viene sempre e solo emesso come debito, con tanto di interesse, nei confronti di Stati, cittadini ed imprese. Conseguenza ineluttabile: siamo tutti indebitati verso il sistema bancario, che ha il monopolio assoluto dell'emissione monetaria!
Questo fatto, inoppugnabile, che non è né di destra né di sinistra, né conservatore né progressista, da solo, più di mille sofisticati ragionamenti economico-sociali, ci aiuta a capire in profondità la situazione della Grecia e la nostra, e quella dei contribuenti americani, tedeschi, inglesi, francesi, spagnoli e portoghesi, che si trovano tutti a dover fare enormi sacrifici in nome di una austerità del tutto artificiale imposta solo dai dettami contabili di coloro che hanno il controllo totale del mezzo di scambio per eccellenza che si chiama denaro.
Cosa dovrebbe fare quindi in sostanza il popolo greco per uscire dalla crisi e non rientrarci mai più?
Semplicissimo: dire ai signori banchieri che vorrebbero imporre il loro dominio totale sulle loro vite un pacato e sereno grazie ed arrivederci: non abbiamo bisogno di voi, del vostro denaro di carta pesta creato dal nulla; il denaro che si serve siamo benissimo in grado di crearcelo da soli, di nostra proprietà, senza alcun debito, e con questo denaro siamo in grado di liberare tutte le potenzialità e le risorse del nostro popolo, facendo si che i disoccupati lavorino e producano, che i giovani studino, che gli scienziati facciano nuove scoperte; in questo modo saremo in grado di creare vera ricchezza, che non è quella contabile che voi accumulate grazie alle vostre attività usuraie nei vostri forzieri ma quella che nasce dal sudore, dalla capacità creativa ed inventiva della gente in carne ed ossa.
Questo dovrebbero dire i greci al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Centrale Europea, alla Commisione Europea e con loro tutti i popoli che hanno ancora a cuore la propria libertà e dignità.

domenica 31 maggio 2015

SCHIAVI DELLE BANCHE - II CONFERENZA DEL MOVIMENTO DISTRIBUSTA A RAGUSA

ll Movimento DIstributista Italiano, sezione siciliana, è lieto di annunciare la sua seconda conferenza a Ragusa, il 3 giugno 2015, alle ore 18.45, presso il Centro Pastorale della Parrocchia del Preziosissimo Sangue, via Ettore Fieramosca 30. 
"Schiavi della banche. Come il denaro-debito avvelena la nostra vita": è questo il titolo dell'incontro, che vedrà come principale relatore, in collegamento via skype, l'opinionista e scrittore Cosimo Massaro, autore del libro "La moneta di Satana".
Perchè "Schiavi delle banche"? Perchè noi riteniamo che, dati alla mano, questa sia davvero la condizione in cui tutti i cittadini si trovino attualmente. Lo schiavo è infatti colui che è obbligato a lavorare gratis per qualcun altro. Essendo tutto il denaro emesso dal nulla solo ed esclusivamente come debito di Stati, aziende e cittadini verso il sistema bancario, noi siamo obbligati a restituire con il sudore del nostro lavoro questo immenso capitale, ed i relativi interessi, al sistema bancario.
Lo Stato, infatti, non potendo emettere denaro, emette titoli di debito, i famosi titoli di Stato, per avere in prestito il denaro creato dal nulla dalle banche. In questo modo lo Stato, logicamente ed ineluttabilmente, si indebita e tale indebitamento, inevitabile, produce, in maniera altrettanto inevitabile, due cose: debito pubblico e tasse.
Dobbiamo quindi essere consapevoli che il prodotto del nostro lavoro, attraverso le tasse, non finisce in ultima analisi, nelle casse dello Stato, che infatti sono costantemente vuote, ma in quello delle banche.
Noi siamo quindi tecnicamente schiavi delle banche, non attraverso delle catene fisiche ma attraverso quelle, ancor più subdole e potenti, di una convenzione. La moneta è infatti una realtà umana soggetta a convenzioni, e le convenzioni attuali stabiliscono che il denaro debba essere emesso dal nulla esclusivamente come proprietà del sistema bancario privato.
La schiavitù del denaro-debito è quindi subdola e perversa e si base sull'ignoranza dei più che non sanno e l'omertà dei pochi che sanno.
Come Movimento Distributista Italiano vogliamo dare il nostro contributo a discutere apertamente e con competenza di questi temi, alla luce della ragionevolezza e del senso comune, che sono i principi di fondo che animano la nostra azione.
Il Movimento Distributista Italiano è un movimento nazionale che, oltre alla creazione di una moneta libera da debito, propone la riunione tra capitale e lavoro per distribuire il più possibile la proprietà privata secondo i meriti di ciascuno, la riappropiazione del potere decisionale da parte delle associazioni professionali per comparto lavorativo, ridimensionando il potere dei partiti, la tutela anche economica della famiglia.

lunedì 18 maggio 2015

Correlazione moneta-debito: se ne è discusso a Ragusa

Si è svolta a Ragusa nel salone del Centro Pastorale della Parrocchia del Preziosissimo Sangue, organizzata dalla sezione Sicilia del MODIT, la prima di una serie di conferenze su tematiche economiche, sociali e politiche che si terranno nei principali centri iblei su "La vera causa del Debito Pubblico e delle Tasse esose: il Denaro-Debito". Relatore l’economista Salvatore Tamburro (in foto.)
http://www.salvatoretamburro.it/
corrierediragusa.it
Vi terremo informati anche da questo sito sui prossimi appuntamenti.

martedì 7 aprile 2015

Il Sistema del Denaro-Debito

Il denaro oggi nasce esclusivamente come debito di Stati e cittadini verso il sistema bancario. Niente debito, quindi niente denaro! 
Se tutti riuscissero a ripagare i propri debiti, cosa impossibile perché nel sistema monetario globale non esistono i soldi per pagare i debiti e li si potrebbe ottenere solo con altro debito, non ci sarebbe più denaro in circolazione. Si tratta di un sistema folle ed insostenibile a cui i governi hanno progressivamente ceduto sotto la pressione della lobby bancaria. Si tratta anche però di una gigantesca e colossale forma di schiavitù a cui siamo tutti soggetti e di cui ci dobbiamo liberare al più presto! Le tasse esose, la perdita del potere di acquisto dei salari, la cronica instabilità economica, con tutti i loro nefasti corollari, non sono altro che altre facce del denaro-debito.
Il Movimento Distributista Italiano pone pertanto questo punto al primo posto nella propria agenda politica e vuole collaborare a creare una forte rete politica nazionale ed internazionale che metta la restituzione della proprietà della moneta al momento della emissione agli Stati ed ai cittadini come priorità assoluta ed impellente. Si tratta della battaglia tra libertà e schiavitù ed ognuno è chiamato a prendere una posizione!

 
https://www.facebook.com/movimento.distributistaitaliano?fref=nf

mercoledì 18 febbraio 2015

Costituzione del MODIT SIcilia

E' con vivo piacere che comunico a tutti l'avvenuta costituzione della sezione siciliana del MODIT.

In data 13 febbraio 2015 a Ragusa 7 persone hanno infatti dato vita alla sezione locale.

Il Movimento Distributista ritiene di primaria importanza la creazione di gruppi locali in grado di diffondere a livello capillare le idee ed i principi distributisti, di incarnare questi prinicipi in iniziate concrete, e di creare a livello territoriale una ricca rete di legami tra le famiglie, le associazioni, le realtà sociali esistenti.
In questo fase di grave crisi economico-sociale, la creazione di tale rete rappresenta infatti lo strumento privilegiato per riscoprire il valore della comunità, che non è un'entità astratta scritta su un pezzo di carta ma la realtà concreta di uomini, donne e famiglie che vivono in uno stesso territorio ed intendono stabilire rapporti costruttivi di solidarietà e di scambio di talenti, energie, risorse.

In questo senso il Movimento Distributista intende dare ampia autonomia alle singole sezioni locali, pur mantenendo la dimensione nazionale del movimento che consente una programmazione razionale delle attività sul territorio, un proficuo scambio di idee,  la crescita comune in termini di risorse, mezzi e talenti condivisi.
Si tratta insomma di creare e mantenere un sistema organizzativo che consenta ai singoli di sviluppare al massimo la propria capacità di iniziativa e nello stesso tempo di fare confluire le loro energie in qualcosa di più grande.

Dr Matteo Mazzariol
Presidente Nazionale MODIT

venerdì 9 gennaio 2015


Cari soci, amici e simpatizzanti del Movimento Distributista Italiano,
penso sia chiaro a tutti la gravità della situazione economico-sociale e politica in cui si trova il nostro paese all'inizio del nuovo anno, il 2015.
La crisi si protrae ormai da 8 anni e moltissime e disparate sono le analisi che sono state fatte, a vari livelli, circa le sue cause e le sue conseguenze.
Dal punto di vista distributista, questa crisi rappresenta l'esito finale di un ideologia fallace ed incongrua: il capitalismo.
L'essenza del capitalismo può essere individuata in un assunto di fondo: è bene che capitale e lavoro siano separati. Da questa matrice di pensiero, ha avuto origine il denaro-debito, un tipo di denaro cioè, unico nella storia, in grado di moltiplicarsi da solo. Il denaro-debito rappresenta infatti un denaro che si svincola da qualsiasi riferimento ad una riserva aurea (15 agosto 1975) per diventare “fiat money”, puro elemento virtuale in grado di auto-prodursi con una digitazione di computer od un tratto di penna (assegno), grazie al meccanismo convenzionale della riserva frazionaria. Si chiama però denaro-debito perchè il sistema bancario ne ha assunto il controllo assoluto e lo emette a costo praticamente zero, solo ed esclusivamente come debito di Stati e cittadini. Da cui l'indebitamento endemico e generalizzato che tutti noi possiamo osservare.
La separazione tra capitale e lavoro si è poi manifestata per quello che è: uno strumento del capitale per trarre vantaggio dal lavoro, creando una massiccia sperequazione nella distribuzione delle risorse e delle ricchezze. Perchè oggi un infermiere, che svolge un ruolo pieno di sacrifici e molto utile alla collettività, riceve uno stipendio che può essere anche di 1000 volte inferiore a quello di un banchiere, di un proprietario di industria o di un possessore di titoli finanziari? La differenza di reddito, di per sè giusta, può essere giustificabile in queste proporzioni? Se ci guardiamo un po' intorno dobbiamo prendere atto che questo fenomeno sta avvenendo a livello planetario: l'1% della popolazione mondiale oggi possiede più ricchezza del rimanente 99%.
Oltre ad essere un dato moralmente riprovevole, questa situazione è anche economicamente insostenibile: solo una ripartizione equilibrata delle risorse consente la stabilità e la prosperità dell'economia, una situazione cioè in cui ci sarà sempre chi può comprare e chi può vendere, e quindi un costante alto numero di scambi commerciali e di servizi.

Il Movimento Distributista Italiano sostiene quindi con convinzione che questa crisi non è una fase transitoria di un sistema di per sé insostituibile chiamato capitalismo ma è la dimostrazione nei fatti della insostenibilità ed estrema incongruenza del capitalismo stesso, che è sopravvissuto nello stato agonico in cui si trova oggi solo grazie all'intervento della mano pubblica, che negli Stati Uniti ed in Inghilterra, Stati capitalistici per definizione, ha evitato qualche anno fa il collasso definitivo.
Ci troviamo quindi nella fase terminale dell'esperienza capitalista. Oggi il potere reale non è più nelle mani del potere politico istituzionale bensì in quelle del sistema finanziario nazionale ed internazionale – le banche -, che, attraverso il monopolio assoluto della gestione degli strumenti monetari, di fatto decidono le sorti di intere nazioni facendo leva su fattori prettamente finanziari. Non è un caso che nel momento in cui scriviamo la sorte delle nazioni europee sembra decisamente più dipendere dalle decisioni arbitrarie ed assolutamente insindacabili di un banchiere, governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ex consulente della banca d'affari internazionale Goldman Sachs, piuttosto che dei politici democraticamente eletti durante le recenti elezioni europee.
Che fare dunque?
La strada che il Movimento Distributista Italiano propone è molto semplice:

  • mettere fine allo strapotere del mondo finanziario sull'economia reale e sulla politica, restituendo allo Stato ed ai cittadini la proprietà del denaro al momento dell'emissione. In questo modo la moneta tornerà ad essere uno strumento al servizio dell'economia e del bene comune, ristabilendo un ordine naturale che il denaro-debito bancario ha progressivamente sovvertito a partire dal XVII sec.. Gli organismi politici, democraticamente eletti solo allora si potranno riappropriare dell'autorità e del potere di sviluppare un politica economica in grado di arrecare benessere e prosperità alla comunità dei popoli.
  • implementare il più possibile, nel rispetto della reale libertà di mercato e dello spirito di iniziativa individuale, la riunione tra capitale e lavoro, in modo che chi lavora sia messo nelle condizioni, dove possibile, di diventare proprietario dei mezzi di produzione. In questo modo la proprietà privata, pilastro del benessere dei cittadini, sarà distribuita naturalmente in maniera più equa, favorendo prosperità e stabilità economica ed il lavoro tornerà ad essere uno strumento al servizio dello sviluppo umano.
  • Implementare il più possibile il potere decisionale delle singole categorie lavorative rispetto alle questioni economico-sociali più importanti che le riguardano (tassazione, sistema previdenziale-pensionistico, formazione), incrementando la partecipazione diretta della persone alle scelte fondamentali della loro vita socio-lavorativa (creazione di comparti lavorativi).
  • Implementare l'autonomia economico-finanziaria della famiglia, attraverso un reddito di cittadinanza ed un reddito per il lavoro delle casalinghe.

Abolizione del denaro-debito bancario ed introduzione della proprietà popolare della moneta, legislazione distributista che favorisca l'unione tra capitale e lavoro e la creazione di comparti socio-lavorativi di settore che decidano tutte le questioni più importanti della sfera socio-lavorativa, incremento dell'autonomia economica delle famiglie:
sono queste le quattro direttive verso cui si indirizza la proposta distributista, proposte basate sulla ragionevolezza ed il senso comune e come tali prive di qualsiasi connotazione ideologica.

Utopico, potrebbe dire qualcuno? Esattamente l'opposto, diciamo noi. Etimologicamente “utopia” vuol dire “non luogo”. Come già diceva J.K.Chesterton nel 1917, l'”utopia”, cioè il “non luogo”, è quella dei banchieri usurai, che sono riusciti, con strumenti convenzionali privi di logica e di senso comune, a creare un mondo artificiale staccato dalla realtà, in cui l'ordine naturale delle cose si ' rovesciato e l'uomo si è ritrovato asservito dell'economia, l'economia asservita al denaro.
E' proprio il ritorno al reale ed alla ragionevolezza invece che ci può aiutare a superare questa follia sociale ed economica chiamata capitalismo, una follia che ci rende schiavi e da cui ci dobbiamo liberare.