Corruzione, concussione, favoritismi,
nepotismi, auto-blu in eccesso, vitalizi folli, interessi privati in pubblico
ufficio: la lista dei mali morali che affliggono la politica è pressochè
infinita. La ritroviamo quotidianamente sulle pagine di cronaca dei giornali, l’ascoltiamo
da amici, cognati, zii e cugini che hanno subito direttamente o sono stati testimoni
di qualche angheria.
Da semplici cittadini rimaniamo
indignati ed impotenti, oscillanti tra la rassegnazione e la rabbia.
Eppure la vera questione morale
non è questa ma un’altra, ben più grave.
Da che uomo è uomo, l’individuo
cresce e si sviluppa, passando dalla potenza all’atto: la singola persona non
nasce giù fatto, si deve costruire vivendo con gli altri. Ognuno di noi ha
talenti, capacità che chiedono di essere realizzati ma che hanno bisogno di
determinate condizioni per farlo.
Così chi vuole diventare
ingegnere, medico, avvocato o ricercatore, deve innanzitutto avere le qualità
intellettuali, deve essere inserito in un contesto educativo-formativo-logistico-organizzativo
e sociale-lavorativo adeguato. Chi vuole diventare contadino deve avere a
disposizione mezzi e terreni, chi allevatore animali e fattorie, chi
commerciante dei prodotti da vendere, chi industriale un numero sufficiente di
manodopera e mezzi tecnologici e via di seguito.
Il benessere di una società
dipende quindi essenzialmente da due fattori: una variabile indipendente ed una
variabile dipendente.
La variabile indipendente è la
tipologia e la quantità di risorse primarie naturali presenti sul territorio
(clima, terreni, minerali, idrografia). La variabile dipendente è invece la
capacità dei suoi abitanti di passare dalla potenza all’atto, di investire cioè
al massimo le capacità ed i talenti dei singoli.
Mentre per la variabile
indipendente c’è poco spazio operativo, per la variabile dipendente il tutto si
gioca a livello di convenzioni ed accordi umani e la convenzione per eccellenza
in questo settore è il denaro.
Il denaro è nato per essere lo
strumento che consente all’essere umano di effettuare quello scambio di beni e
servizi che rende possibile lo sviluppo massimo delle potenzialità del singolo.
Esempio concreto: in Italia c’è
il problema drammatico del rischio idro-geologico. Centinaio di migliaia di
abitazioni sono a rischio di essere travolte dagli effetti degli agenti
atmosferici per cui è necessario intervenire al più preso con una vasta
operazione di bonifica ambientale. Nello stesso tempo esiste una disoccupazione
giovanile superiore al 25% ed una massa notevole di laureati, diplomati e
semplici lavoratori disoccupati o sottooccupati e quindi messi nelle condizioni
di non poter esprimere le loro capacità. In una situazione simile, del tutto
folle per chiunque la considerasse da un punto di vista disincantato ed
obiettivo, lo Stato e le autorità responsabili del bene comune hanno il dovere, non il diritto, di mettere in
mano a questa massa di senza lavoro dei pezzettini di carta chiamati banconote
per risolvere una volta per tutte il problema del dissesto idrogeologico: altro
che cervelli o muscoli in fuga!
Lo stesso discorso vale per tutti
i servizi carenti con cui i cittadini devono quotidianamente confrontarsi:
giustizia, sanità, scuola, università, edilizia pubblica, trasporti, viabilità.
Il fatto che ciò non avvenga, che
si continui a vivere in una condizione di estrema precarietà rispetto a tutti
questi beni e servizi è, per chi è cattolico, un peccato che grida vendetta al
cospetto di Dio, per chi è ateo l’estrema offesa alla dignità della persona umana.
Non si tratta infatti di un fatto
ideologico o religioso-confessionale, non di tratta di destra o di sinistra, di
progresso o di conservazione, si tratta di mera e semplice insulto alla ragione
umana, di un offesa eclatante al buon senso ed alla ragionevolezza.
Non si può fare, diranno molti, perché
ce lo impediscono le regole dell’economia. Falso! Duecento volte falso! Ciò che
ci impedisce di dar corso ad una gestione costruttiva e positiva del denaro,
cioè di mettere il denaro al servizio delle persone e dell’economia reale, è
una cosa sola: il fatto che il denaro oggi nasca solo ed esclusivamente di
proprietà del sistema bancario come debito di Stati, imprese e cittadini.
Questo meccanismo – che non si è
creato da solo ma è il frutto dell’azione di uomini con nome e cognome – sancisce
il dominio assoluto dell’usura sul lavoro, cioè del reddito sterile che deriva
dalla moltiplicazione del denaro rispetto al reddito che deriva dall’operosità
e dall’ingegno umano.
Tutto ciò non è accettabile,
primariamente dal punto di vista morale e secondariamente dal punto di vista
economico e sociale.
Non è accettabile che un
infermiere che offre il suo servizio alle persone malate abbia uno stipendio
con cui non è in grado di mantenere se stesso, tanto meno la propria famiglia; non
è accettabile che chi ha lavorato per 40 anni si ritrovi con una pensione da fame; non è
accettabile che venga stroncato sul nascere l’entusiasmo e la voglia di fare
dei giovani non per mancanza di cose da fare ma per mancanza di uno strumento
convenzionale chiamato denaro; non è
accettabile che la ricerca indipendente e libera delle nostre intelligenze
migliori venga affossata dalla mancanza di pezzi di carta od input elettronici;
non è accettabile che le persone per
queste stesse ragioni non mettano al mondo figli. Non è accettabile in sintesi che
si asservisca la vita della maggior parte della popolazione ad una convenzione,
nell’indifferenza colpevole e senza scuse dei politici di turno.
Questa è la vera questione
morale. Una questione di importanza assoluta da cui dipende, senza ombra di
dubbio, il futuro della nostra società: dobbiamo scegliere tra civiltà e
barbarie, tra libertà e servitù, e quindi, in ultima analisi, tra usura e
lavoro: tertium non datur.
Per informazioni:
distributismomovimento.blogspot.com
Nessun commento:
Posta un commento