La famiglia è al centro
oggi di un grande dibattito. Purtroppo però tale dibattito non
riguarda i modi ed i mezzi per tutelarla al meglio nel contesto
economico-sociale attuale ma quale sia la sua stessa natura o
essenza.
Non si discute su come
fare si che il corpo sociale “famiglia” possa riappropriarsi
della sua naturale autonomia ed indipendenza economica da tutti gli
altri corpi sociali, Stato in primis, ma di come permettere ai suoi
membri di autonomizzarsi e rendersi indipendenti dalla famiglia
stessa – il lavoro alle donne come una necessità ineluttabile! -,
facendo passare come retrogade e frustrate tutte quelle persone di
sesso femminile che invece insistono nel voler essere “donne di
casa”, dedicando la propria vita alla famiglia.
Dal punto di vista
pratico-economico, si sorvola su fatti incontestabili come quello che
indica che il contributo delle casalinghe al PIL nazionale è molto
rilevante (“Il super-lavoro casalingo delle donne vale come il PIL
della Cina”, Il Sole 24, 13 novembre 2015,,
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-11-12/il-super-lavoro-casalingo-donne-vale-come-pil-cina-ma-non-e-pagato-193803.shtml?uuid=ACTOnoYB&refresh_ce=1<).
Invece che disincentivare
tale tipo di lavoro andrebbe considerata la possibilità di
remunerarlo, secondo un basilare principio di giustizia sociale.
La donna, insomma,
dovrebbe essere messa nelle condizioni di fare una libera scelta tra
vita domestica e maternità piena da una parte e vita lavorativa e
maternità parziale dall'altra, ricevendo un pari e giusto compenso
in entrambi i casi.
Ancora, come è possibile
dire da una parte di voler sostenere la famiglia e dall'altra
incrementare pervicecemente tutte quelle condizioni che rendono di
fatto impossibile per i membri della famiglia passare tempo insieme
(attività lavorativa delle donne, diminuzione del potere di acquisto
degli stipendi in generale)?
E' possibile, se ci
rendiamo conto di chi davvero oggi sia in grado di creare e
manipolare l'opinione pubblica, inibendo la genuina riflessione
secondo il senso comune e la ragionevolezza, che è patrimonio comune
di tutta l'umanità.
La creazione del consenso
è indubitatamente oggi nelle mani di coloro che controllano i mezzi
di comunicazione. Sono i mezzi di comunicazione che, secondo una
tecnica studiata a tavolino, riprendono singoli casi eclatanti per
colpire emotivamente milioni di persone, sono i mezzi di
comunicazione che ci indicano quali siano le priorità di cui
dobbiamo discutere, sono i mezzi di comunicazione che, dando risalto
od ignorano un determinato fatto, decidono se esso debba o no
arrivare all'opinione pubblica.
Chi detiene oggi il
controllo dei mezzi di comunicazione, cioè dei grandi giornali e
delle grandi reti televisive in grado di orientare le masse?
Una minoranza esigua di
capitalisti, di grandi famiglie facenti parte dell'aristocrazia
finanziaria, quell'1% della popolazione che premi nobel dell'economia
quali Joseph Stiglitz ha denominato “plutocrazia del XXI sec.”.
Che visione hanno questi
signori della famiglia? Una visione semplicissima: la famiglia è di
per se un'entità sociale pericolosa se assolve pienamente a tutte le
sue funzioni naturali, cioè quella formativa, educativa e di
sostegno. Pericolosa perchè in questo caso la famiglia può
costituire un insormontabile ostacolo al condizionamento umano
diffuso voluto tenacemente da questi signori per creare il
consumatore perfetto.
La famiglia che va bene
alla plutocrazia apolide multinazionale è invece quella fragile ed
inconsistente, incapace di creare uomini liberi ancorati a valori
profondi perchè troppo occupata nell' affannata ricerca della
sopravvivenza economica, perchè privata di luoghi e tempi di
condivisione protratta che accrescono la conoscenza reciproca ed
rafforzano i legami umani, perchè ormai “liberata” da ogni
apparato contenitivo in grado di gestire e far fronte agli
inevitabili conflitti e ambiguità della vita umana. Si tratta, in
sintesi, di quella "famiglia “liquida” che autori come Bauman
hanno indicato essere il prototipo oggi più diffuso, senza però
identificarne con esattezza le cause.
L'appoggio della
plutocrazia internazionale a questo tipo di famiglia è avvenuta ed
avviene nel modo più tradizionale: attraverso il sostegno
finanziario consistente di tutte quelle iniziative minoritarie che in
qualche modo minano i presupposti della famiglia naturale.
L'industria hollywoodiana da questo punto di vista è uno dei molti
esempi eclatanti ma se facessimo la lista di tutte le associazioni
“no profit” che mettono di dubbio i fondamenti della famiglia
finanziate per esempio dalla Fondazione Rockefeller l'elenco sarebbe
davvero senza fine. Basti citare che gli studi di Alex Kinsely
(1894-1956), che furono alla base della “rivoluzione sessuale”
degli anni '60, furono finanziati proprio da questa fondazione.
Di fronte a tale tipo di
considerazioni, risulta evidente che la vera battaglia oggi non è
tra progressisti e conservatori, tra cattolici e musulmani, tra
credenti ed agnostici, ma tra chi ancora riesce a fare riferimento al
senso comune ed alla ragionevolezze e chi invece, inconsapevolmente o
meno, ha ceduto alle lusinghe della pervasiva campagna mass-mediatica
della plutocrazia dominante. Tra chi crede che la famiglia debba
continuare ad essere il luogo privilegiato in cui la libertà umana
possa concretizzarsi e prendere forma e chi invece la vuole
snaturare, privandola di un ruolo formativo sostanziale e lasciando
l'individuo alla mercè dei condizionamenti esterni che vengono
prevalentemente dai grandi centri finanziari internazionali, o
direttamente (mass-media e pubblicità), od indirettamente,
attraverso gli Stati od i partiti, asserviti oggi al ruolo di
camerieri dei banchieri.
Chi è davvero per la
famiglia quindi oggi? Solo chi, riteniamo, abbia sufficiente onestà
intellettuale per denunciare e riconoscere le cose come stanno e fare
proposte concrete per un cambiamento.
Conoscete forse qualche
istituzione, partito o movimento che si muova su questa direzione,
non solo a parole – evitiamo la sterile retorica! - ma nei fatti?
Noi sinceramente no! Le
famiglie sono lasciate in questo momento a se stesse!
Che fare dunque?
Il distributismo su
questo non ha dubbi:
- riproporre, al di là di ogni sterile divisione confessionale, ideologica o partitica, la centralità della famiglia quale corpo sociale naturale
- proporre una serie di modifiche legislative finalizzate a creare le condizioni perchè la famiglia possa ritrovare il suo giusto posto nella società. A questo proposito il Movimento Distributista Italiano indica tra le altre cose: la corresponsione di una stipendio alle casalinghe, una serie di facilitazioni fiscali per le famiglie numerose, un bonus economico dignitoso per ogni figlio, facilitazioni fiscali per le imprese famigliari.
- dare inizio ad iniziative concrete di scambio, supporto e solidarietà, sui vari territori, che coinvolgano ed aggreghino le famiglie (Rete Distributista Territoriale), a partire dalla condizione attuale in cui esse si trovano.
- includere il tema “famiglia” all'interno di un discorso necessariamente più ampio, che tenga presente il problema dell'unione capitale-lavoro, del denaro-debito e della restituzione del potere ai vari comparti lavorativi.
Questa è la visione e la
proposta concreta che il Movimento Distributista Italiano rivolge a
tutte le famiglie: partire dal basso, dalle piccole cose reali che
già esistono, adottando una visione ed una comprensione del reale
che consenta, insieme, di andare lontano.
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