La vera democrazia: le gilde o corporazioni distributiste.
Si
fa un grande parlare oggi democrazia, per lo più per constatare amaramente la
pervasiva incapacità del sistema politico-sociale in cui viviamo di realizzarla
compiutamente.
Il
sistema partitocratico di rappresentanza ha mostrato, ormai da quasi 70 anni,
le sue enormi falle. Al cittadino e’ rimasto il diritto di voto ma sono stati
via via sottratti tutti gli altri diritti, quelli di poter partecipare alle
decisioni delle questioni concrete che riguardano la sua vita
economico-sociale. Il singolo può indicare nell’urna elettorale il nome del
partito da supportare ma non può poi incidere in alcun modo nella stesura delle
leggi che i rappresentanti dei partiti approvano e promulgano, spesso nel
chiuso delle stanze del potere e sotto il condizionamento dell’oligarchia
economico-finanziaria che oggi detiene il potere reale. Ormai è percezione
diffusa, sostenuta da strabordanti evidenze, che i politici si siano ridotti ad
essere camerieri dei banchieri. Anche il premio nobel per l’economia Joseph
Stiglitz è d’accordo con questa visione, sostenendo che l’assetto
economico-sociale attuale può essere definito una plutocrazia, un sistema cioè
in cui il potere è gestito da una minoranza che detiene saldamente il monopolio
delle ricchezze, quel famoso 1% della popolazione che viene indicato da tutte
le statistiche serie e ponderate.
Questo
scenario era gia stato lucidamente descritto dai distributisti inglesi
Chesterton e Belloc agli inizi del secolo scorso. “Partitocrazia” è il titolo di un libro
uscito nel 1913, in cui tali autori mostravano, sulla base delle evidenze e
della ragionevolezza, come il sistema partitico inglese fosse lo strumento
privilegiato attraverso cui l’oligarchia finanziaria di allora controllava
saldamente l’attività legislativa.
Che
fare allora? il Movimento Distributista Italiano ritiene che sia vano ed
illusorio sperare che una radicale iniezione di democrazia, cioè di
redistribuzione del potere al popolo, possa giungere dall’avvento di un singolo
personaggio politico o da un partito di duri e puri, dotati di particolari
qualità morali. Non sono tanto o solo i singoli politici che non funzionano, è
il sistema in cui essi agiscono che è marcio fin dalle radici.
Non si
tratta quindi di cambiare le persone al potere ma di cambiare il modo in cui il
cittadino medio partecipa al potere.
Per
farlo non bisogna pensare a qualche stravagante alchimia politico-istituzionale
ma semplicemente fare appello al senso comune ed alla ragionevolezza.
Il
singolo essere umano nasce in una determinata famiglia, cresce, studia, si
forma e poi entra nel mondo del lavoro. Basterebbe a questo punto poterlo
inserire in un’aggregazione sociale presenta sul suo territorio che raccolga
tutti coloro che a vario titolo si trovano coinvolti nella sua stessa attività
lavorativa e dare a questa aggregazione sociale ampi poteri di poter discutere
e decidere la maggior parte delle questioni concrete che riguardano la concreta
vita professionale-lavorativa (formazione, aggiornamento professionale,
remunerazioni minime e massime, qualità dei prodotti e dei servizi forniti,
previdenza sociale, regimi pensionistici, livelli di tassazione). Discussioni e
decisioni che avvengono ovviamente secondo trasparenti criteri di
partecipazione democratica e sulla base delle competenze e dell’esperienza
acquisita.
Ebbene,
queste realtà non devono essere inventate, in quanto hanno sempre costituito un
elemento naturale e fisiologico delle società umane. Nel corso della storia si
sono chiamate con nomi diversi, gilde o corporazioni, e, nei casi in cui sono
riuscite a fondarsi sui basilari principi di indipendenza ed autonomia, sono
sempre riuscite ad attuare un buon grado di democrazia reale nei diversi
contesti in cui erano inserite. La loro fine, nella storia del mondo
occidentale, non fu determinata da una rivolta popolare, ma dal progressivo
svuotamento delle loro potere reale da parte di quelle forze economiche e
finanziarie elitarie che incominciarono ad affermarsi politicamente con la
rivoluzione francese, di cui furono i principali sostenitori. Fu la rivoluzione
francese che iniziò infatti il processo, tuttora in corso, di sottrazione delle
libertà economico-sociali concrete a favore di una libertà astratta.
Si
tratta allora di tornare al passato? Senza dubbio no!
Si
tratta semplicemente di attuare nel contesto del XXI secolo alcuni basilari
principi di concreta partecipazione economico-sociale, rilanciando il concetto
di gilda e corporazione.
In
questo modo sarà possibile che la soluzione della maggior parte dei problemi
dei vari settori produttivi non venga dall’alto, da qualche illuminato
economista infarcito di teorie economiche esoteriche fatte a misura per curare
gli interessi dell’elitè plutocratica o da qualche oscuro burocrate statale
lontano dai problemi reali della gente; la soluzione può e deve invece dal
basso, dalle comunità lavorative liberamente aggregate sui territori, secondo
criteri veramente democratici.
Lo
Stato dovrà solo intervenire a preservare il rispetto del bene comune, a
vigliare affinchè le determinazioni delle varie gilde o corporazioni siano in
sintonia con l’interesse generale.
Il
Movimento Distributista Italiano non ha dubbi: questa è l’unica strada
percorribile oggi per fare un salto di qualità verso un sistema di
rappresentanza compiutamente democratico.
Iniziamo
subito questo cammino, incominciamo da oggi ad aggregare la maggioranza del
popolo italiano secondo i vari comparti lavorativi. La gente non ci chiede
altro: ridiventare protagonista, riprendere in mano il proprio destino, mettere
fine per sempre alla partitocrazia, ristabilire l’ordine naturale delle cose,
al di là di ogni sterile ideologia.
Una
tale redistribuzione dei poteri decisionali è inoltre il presupposto
fondamentale per ottenere un’equa ripartizione della proprietà produttiva e
quindi delle risorse e delle ricchezze, che non sia elemosina concessa
dall’alto ma conseguenza fisiologica della libera espressione delle capacità
delle singole persone.
Tutto
ciò potrebbe fare del nostro mondo un posto più sereno e soddisfacente in cui
vivere.
Per
ulteriori informazioni visitare il sito distributismomovimento.blogspot.com
od
inviare un messaggio a movimentodistributista@gmail.com
LE CORPORAZIONI DISTRIBUTISTE, UNICA ALTERNATIVA AL POTERE DELL'OLIGARCHIA ECONOMICO-FINANZIARIA
Il termine "corporazione" oggi ha un accezione per lo più negativa. La mente vola subito all'immagine di un gruppo ristretto di persone egoisticamente ripiegate sui propri interessi ed incapaci di aprirsi al bene comune, oppure alle corporazioni degli anni '30, espressione del male assoluto fascismo. Le corporazioni distributiste sono invece distanti mille miglia da tutto ciò, sono realtà sociali naturali, come la famiglia. Raggruppano tutti coloro che condividono lo stesso ambito lavorativo e territoriale, al di là di ogni appartenenza di classe e di censo. Per esempio la corporazione sanità vede la partecipazione attiva di medici, infermieri, altro personale sanitario ed anche una rappresentanza di pazienti e familiari dei pazienti. Funzionano secondo un metodo partecipativo democratico basato sulle competenze e si occupano di tutte le questioni concrete che riguardano la vita economico-lavorativo e sociale dei propri membri (qualità dei servizi e beni prodotti, remunerazioni massime e minime, formazione, previdenza sociale, assistenza pensionistica). Esse sono in sintesi gli strumenti più adeguati e sostenibili per realizzare una compiuta e reale democrazia, per redistribuire al massimo grado possibile il potere tra la popolazione secondo un criterio di equità. Non possono quindi essere comparate alle corporazioni fasciste, che furono espressione di uno Stato centralista ed autoritario, in cui il potere era fortemente concentrato nelle mani di pochi, come d'altronde succede nel capitalismo e nel socialismo. Tanto meno possono essere paragonate alle corporazioni capitaliste, composte da individui della stessa classe sociale ed accomunate da un unico interesse: il profitto.
Le corporazioni distributiste sono invece espressione della società civile nelle sue forme composite ed hanno come fine la regolazione condivisa delle attività dei suoi membri e la massima possibile diffusione della proprietà produttiva, condizioni necessarie per garantire la stabilità economica e la prosperità della comunità di cui sono parte integrante.
Esse sono in sintesi l'unica valida alternativa al sistema di rappresentanza dei partiti, che oggi rappresenta a tutti gli effetti l'instrumentum regni dell'oligarchia economico-finanziaria.
LE CORPORAZIONI DISTRIBUTISTE, UNICA ALTERNATIVA AL POTERE DELL'OLIGARCHIA ECONOMICO-FINANZIARIA
Il termine "corporazione" oggi ha un accezione per lo più negativa. La mente vola subito all'immagine di un gruppo ristretto di persone egoisticamente ripiegate sui propri interessi ed incapaci di aprirsi al bene comune, oppure alle corporazioni degli anni '30, espressione del male assoluto fascismo. Le corporazioni distributiste sono invece distanti mille miglia da tutto ciò, sono realtà sociali naturali, come la famiglia. Raggruppano tutti coloro che condividono lo stesso ambito lavorativo e territoriale, al di là di ogni appartenenza di classe e di censo. Per esempio la corporazione sanità vede la partecipazione attiva di medici, infermieri, altro personale sanitario ed anche una rappresentanza di pazienti e familiari dei pazienti. Funzionano secondo un metodo partecipativo democratico basato sulle competenze e si occupano di tutte le questioni concrete che riguardano la vita economico-lavorativo e sociale dei propri membri (qualità dei servizi e beni prodotti, remunerazioni massime e minime, formazione, previdenza sociale, assistenza pensionistica). Esse sono in sintesi gli strumenti più adeguati e sostenibili per realizzare una compiuta e reale democrazia, per redistribuire al massimo grado possibile il potere tra la popolazione secondo un criterio di equità. Non possono quindi essere comparate alle corporazioni fasciste, che furono espressione di uno Stato centralista ed autoritario, in cui il potere era fortemente concentrato nelle mani di pochi, come d'altronde succede nel capitalismo e nel socialismo. Tanto meno possono essere paragonate alle corporazioni capitaliste, composte da individui della stessa classe sociale ed accomunate da un unico interesse: il profitto.
Le corporazioni distributiste sono invece espressione della società civile nelle sue forme composite ed hanno come fine la regolazione condivisa delle attività dei suoi membri e la massima possibile diffusione della proprietà produttiva, condizioni necessarie per garantire la stabilità economica e la prosperità della comunità di cui sono parte integrante.
Esse sono in sintesi l'unica valida alternativa al sistema di rappresentanza dei partiti, che oggi rappresenta a tutti gli effetti l'instrumentum regni dell'oligarchia economico-finanziaria.
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