sabato 19 marzo 2016

Il collasso dell'agricoltura siciliana, ovvero della globalizzazione, ovvero della totale assenza di un politica economica sensata.



Gli agricoltori siciliani sono sul piede di guerra. L'accordo Comunità Europea-Marocco consentirà allo Stato africano di importare i suoi prodotti alimentari nei mercati europei senza più dazi.
I prodotti alimentari marocchini costano di meno rispetto a quelli italiani, portoghesi, greci o spagnoli per il fatto che il costo del lavoro - e le relative garanzie – in Marocco sono molto più basse, come molto inferiori sono tutte le procedure – costose – che controllano la qualità e la salubrità del cibo messo in vendita.
In cambio di questo “favore” il Marocco ha accettato di importare “liberamente” merci industriali europee.
Parlamentari italiani ed europei degli schieramenti di governo hanno votato in massa questi provvedimenti.
La vicenda è esemplare, paradigmatica. Si tratta della globalizzazione, fortemente voluta dal potere economico-finanziario mondialista, dai grandi think tank apolidi quali il gruppo Bildelberg, la fondazione Aspen, il Council of Foreign Relations, la Fondazione Rochefeller – solo per citarne alcuni – che impongono ai politici-fantoccio la loro precisa linea di politica-economica: liberalizzare i mercati, abbattere ogni misura di controllo, distruggere ogni argine allo circolazione del denaro e delle merci.
Benissimo! - continuano a ripetere con insistenza monotona i vari mass-media, anch'essi saldamente nelle mani di quel 1-2% della popolazione che sta concentrando nelle sua mani tutte le ricchezze della terra.
Malissimo! - invece, diciamo noi.
Perchè malissimo? Semplicemente perchè questo tipo di politica-economica non ha senso, è destituita di ogni fondamento razionale.
Facciamo un semplice ragionamento: abbattiamo ogni dazio con il Marocco; in questo modo i prodotti alimentari marocchini, meno costosi, invaderanno il mercato europeo, mandando in crisi il settore agricolo europeo, soprattutto quello dei piccoli produttori, delle piccole aziende famigliari, non più in grado di “competere”. In cambio i prodotti industriali europei invaderanno il mercato marocchino, producendo un effetto simile, cioè l'ulteriore crisi del settore industriale marocchino, già in stato di avanzato declino. Avremo quindi un Europa che da una parte produrrà sempre meno cibo per la propria popolazione – e quel poco cibo sarà sempre più nelle mani di rari “grandi” produttori- dall'altra avrà sempre più “grandi” industriali in grado di esportare su scala globale, con progressiva scomparsa dell'artigianato e della piccola industria famigliare, non organizzata per esportare sui mercati esteri. In Marocco invece avremmo da una parte sempre più dei “grandi” produttori alimentari, anche loro in grado di esportare all'estero, che lucreranno enormi somme su una manodopera a basso prezzo, dall'altra un'inesorabile progressiva estinzione del già flebile settore artigianale-industriale locale, sopraffatto dai prodotti europei. La cosa può durare, è stabile e genera prosperità? No, perchè, come già detto, il meccanismo che consente tale fenomeno è il basso costo del lavoro e la debolezza delle industrie locali in Marocco, due fattori di per sé negativi. Negativo il basso costo del lavoro perchè condanna milioni di persone ad una vita precaria ed al limite della sopravvivenza, negativa l'assenza di industria perchè limita strutturalmente l'apertura di altri settori occupazionali e rende dipendente quell'area geo-politica dalle importazioni.
Il meccanismo inoltre è autolimitante: dove troveranno i marocchini i soldi per comprare i beni prodotti dai “grandi” europei? Se si mantiene infatti il basso costo del lavoro, non avranno denaro sufficiente, se si alza il costo del lavoro ed i salari, verrà meno il vantaggio commerciale dei prodotti marocchini e tutto il sistema franerà. E' già successo. Sta succedendo adesso con la Cina: abbiamo “delocalizzato” in Cina perchè il costo del lavoro era più basso, depauperando dal punto di vista occupazionale e quindi del potere d'acquisto il mondo occidentale, ed ora non abbiamo più un mercato in grado di comprare.
Altrettanto negativo lo scenario in Europa: le regioni mediterranee, a vocazione prettamente agricola, verranno ulteriormente impoverite, venendo colpite ancora una volta dal punto di vista occupazionale, a vantaggio delle zone industriali, già più ricche, le quali vedranno aumentare le proprie possibilità sui mercati Marocchini ma lo perderanno sui mercati mediterranei, che perderanno potere d'acquisto.
Cosa produce quindi la globalizzazione? Semplicemente un acuirsi degli squilibri invece che un loro superamento. Squilibri dal punto di vista geopolitico, con la crescita delle ricchezza nei paesi già ricchi e della povertà in quelli già poveri, e dal punto di vista sociale all'interno di ciascun paese, con l'aumento del potere dei “grandi” e la perdita di potere di “piccoli” - piccoli produttori, piccole aziende, artigiani.
La globalizzazione è quindi un fenomeno ben pianificato che mira ad una ineluttabile e progressiva concentrazione del potere e delle ricchezze nelle mani di pochi, come è drammaticamente confermato da tutte le più recenti indagini sociologiche.

Soluzione? Anche questa semplicissima:
  1. imporre dazi ai prodotti alimentari marocchini, almeno fino a quando non ci si assicuri della sussistenza dei diritti minimi dei lavoratori in quel paese e della certificazione della qualità dei processi produttivi e del prodotto finito. Ciò potrà essere da stimolo per un reale sviluppo economico-sociale di quella nazione.
  2. Evitare di invadere il mercato marocchino con prodotti industriali europei, consentendo così al settore artigianale-industriale locale, già molto precario, di sopravvivere e svilupparsi.
  3. Avvio di un piano di aiuti al Marocco finalizzato allo sviluppo delle infrastrutture interne, del settore educativo-scolastico, professionale e tecnologico ed alla piena autonomia e sovranità monetaria nazionale.
In questo modo si darebbe il via ad un circuito virtuoso:
  1. mantenimento dell'occupazione nei paesi del Mediterraneo, con un razionale utilizzo delle risorse naturali e climatiche esistenti, e mantenimento e crescita in queste aree della domanda di beni industriali prodotti in altre zone d'Europa.
  2. Grosso input alla crescita sociale ed economica del Marocco, che vedrebbe incentivata la produzione alimentare secondo criteri sociali e qualitativi più avanzati, senza andare incontro ad collasso del proprio comparto artigianale-industriale. Un migliorato assetto economico-sociale del Marocco a medio e lungo termine ne farebbe un partner commerciale sicuro, affidabile e stabile.

Una tale politica-economica sarebbe orientata a creare equilibri e equità, invece che, come succede con la globalizzazione, a favorire gli squilibri e le asimmetrie. Sarebbe una politica-economica in grado ottimizzare al massimo le risorse esistenti e sviluppare le potenzialità produttive delle aree più depresse, limitando gli ingenti costi economici ed ambientali del trasporto e portando alla fine ad un incremento della prosperità generale: questa è la vera ricchezza a cui bisogna puntare, non quella che consegue alle speculazioni finanziarie delle grandi multinazionali, che concepiscono il mondo come un grande scacchiere in cui lucrare il più possibile secondo criteri miopi orientati al guadagno immediato.
Non quindi globalizzazione, ma politica-economica economica basata sul buon senso e sulla ragionevolezza; non concentrazione del potere e della proprietà nelle mani di pochi, ma distribuzione diffusa delle risorse secondo i meriti e le capacità reali: in una parola: non liberal-capitalismo o social-comunismo ma distributismo.

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