venerdì 17 marzo 2017

IL DISTRIBUTISMO: CONTRO L'USURA E PER UN LAVORO A MISURA D'UOMO




L’opinione pubblica nel frangente attuale ondeggia tra una serie di stati d’animi, tutti purtroppo negativi: confusione, rabbia, mancanza di fiducia nella politica, impotenza.
La disperazione dovuta ad un’oggettiva difficile condizione socio-economica porta inevitabilmente a fidarsi ciecamente del primo venuto, in Italia per esempio figure come Renzi o Beppe Grillo, negli Stati Uniti Obama o Trump; figure intercambiabili, presentate necessariamente come l’una l’opposto delle altre, per dare l’impressione di un cambiamento vero, radicale, per generare sterili polemiche e superficiali contrapposizioni ma in realtà accumunate da un granitico elemento in comune: il non mettere in discussione il sistema di gestione e spartizione del potere attuale, basato sulla truffa del denaro-debito, ed anzi consolidarlo, senza mai osare anche solo mettere in discussione i suoi dogmi.
Il sistema del denaro-debito non è un’opinione, è un fatto. Consiste in un meccanismo di creazione della moneta. Oggi, per convenzione frutto di mercanteggiamenti plurisecolari, il denaro nasce solo ed esclusivamente di proprietà del sistema bancario privato, come debito di cittadini e Stati verso il sistema bancario stesso.
Conseguenza ineluttabile: l’indebitamento esponenziale ed inesorabile di tutto il corpo sociale – Stati e comunità civile – verso il sistema bancario stesso. Il debitore poi, si sa, si trova sempre in una condizione di subalternità e dipendenza rispetto al creditore, che ne condiziona e limita significativamente gli spazi di libertà.
Come possiamo constatare, infatti, oggi le politiche economiche non vengono più decise dai politici ma dai governatori delle banche centrali, che agiscono per legge in piena e totale autonomia rispetto al corpo elettorale ed ai governi stessi.
Non solo. Come fa il sistema bancario ad imporre alla popolazione di pagare l’immenso ed artificiale fardello debitorio creato dal denaro-debito? Semplice: si serve dello Stato, che di fatto rappresenta il principale agente di riscossione debiti per conto del sistema bancario stesso.
Il meccanismo nasce in Inghilterra nel 1694 e da allora è stato sempre portato avanti con successo, ovviamente nell’ombra e contando sull’ignoranza dell’opinione pubblica.
Il re Guglielmo III  d’Orange, che aveva bisogni di prestiti per le varie guerre che stava conducendo, concesse ai banchieri privati londinesi e delle Fiandre, prevalentemente ebrei, in cambio di un prestito di 1 milione di sterline in oro all’8%, di creare pezzi di carta dal valore intrinseco quasi zero chiamate banconote  – la sterlina appunto –, accettando tale “moneta” come valuta legale del regno. Le sterline sarebbero state di proprietà dei banchieri ed imprestate, con tanto di interessi, allo Stato ed ai cittadini. Il re contemporaneamente si impegnò ad imporre ai propri sudditi una serie di tasse sulla proprietà e sul commercio – prima inesistenti – per assicurare i banchieri che il debito sarebbe stato ripagato.
In realtà successe che il re non riuscì mai a ripagare il debito originario, perché tale debito, con l’interesse composto e la necessità di altre spese, crebbe in maniera vertiginosa, come in maniera vertiginosa crebbero le somme che il re dovette continuamente restituire ai banchieri per pagare gli interessi. Si incrementò così sempre più l’imposizione fiscale, pur senza riuscire a liberare mai lo Stato dalla schiavitù del debito. Fu l’inizio del debito pubblico e della schiavitù dei popoli.
Vi ricorda qualcosa? Vi aiuta questo a capire come mai, pur versando oggi i cittadini il 70% di tasse complessive, lo Stato è sempre indebitato e deve sempre più limitare le risorse per i servizi pubblici?
Il denaro-debito non è un’astrazione concettuale ma un reale meccanismo di produzione monetaria che arriva direttamente nelle vostre tasche, a sottrarvi, attraverso lo Stato, quando avete onestamente guadagnato.
Si può pertanto affermare senza tema di smentita che viviamo nel peggiore dei sistemi schiavisti, quello dell’usurocrazia, cioè del potere dell’usura, dove per usura si intende il prestito a qualsiasi interesse, anche minimo; un’usurocrazia saldamente detenuta nelle mani di un elite economico-finanziaria che, con i possenti mezzi a sua disposizione (giornali, radio, TV, stampa) ci vuole invece convincere, malgrado tutte le evidenze, che viviamo in un regime di piena democrazia, cioè di potere detenuto dal popolo.
La vera lotta che si sta compiendo davanti ai nostri occhi non è quindi quella tra destra, sinistra, centro, né quella tra progressisti e conservatori, ma quella tra il lavoro e l’usura.
Di cosa si tratta? Presto detto.
Si tratta di due visione opposte ed incompatibile dell’economia e del vivere civile in generale.
Chi è per il lavoro sostiene che il lavoro stesso, cioè la produzione umana di beni e servizi, secondo le competenze e le capacità dei singoli e dei gruppi, debba essere il fattore centrale e fondante dell’economia, in funzione del quale si articoli tutto il resto del comparto sociale. La qualità e quantità del lavoro svolto dovrebbe essere la principale fonte di guadagno e di reddito, mettendo al bando ogni forma speculativa finanziaria. Lo sviluppo del lavoro è a costo zero, nel senso che non richiede, per esplicarsi, altro che la disponibilità umana del singolo soggetto ad incrementare al massimo, entro i limiti di una qualità della vita accettabile, le sue capacità produttive.  Il lavoro non è solo quantità ma anche qualità, essendo il prodotto della persona, e quindi dovrebbe essere regolato, nei suoi multiformi aspetti, attraverso un processo decisionale democratico e basato sulle competenze. In funzione dello sviluppo e del mantenimento della dimensione umane del lavoro andrebbero impostate tutte le politiche monetarie e fiscali.
Chi è per l’usura, all’opposto, ritiene invece che il fattore centrale dell’economia debba essere il denaro ed il prestito ad interesse, per cui è buono e giusto che la moneta, di per sé sterile, produca altra moneta. In virtù di questo principio fondante, di per sé contro-natura, cioè il rendere fecondo artificialmente ciò che di per sé non lo è, si producono una serie di conseguenze altrettanto contro-natura: il lavoro viene subordinato al denaro, l’economia reale viene subordinata alla finanza, con il risultato finale di un di un sostanziale impoverimento ed abbassamento qualitativo dell’attività lavorativa ed il parallelo crescere esponenziale di un mondo virtuale, quello appunto della finanza, che controlla e dirige il mondo reale.
Si giunge quindi al paradosso, che fa parte della nostra cronaca quotidiana, che un elite di banchieri privati, proprietari delle banche centrali e commerciali, siano in grado di controllare pressochè tutte le attività umane, condizionando in maniera sostanziale e decisiva ogni scelta politica.
Si giunge al paradosso che il lavoro non è più lo strumento privilegiato attraverso cui l’uomo realizza se stesso, mantiene dignitosamente la propria famiglia e contribuisce al bene comune ma diventa un mero mezzo di sopravvivenza, un’attività servile svolta per conto ed a profitto di altri.

Che fare dunque?
Il distributismo non ha dubbi e propone una visione economico-sociale-politica coerente, articolata, sensata ed attuabile che ha alla sua base il concetto di porre il denaro al servizio del lavoro, di restituire il potere reale ai cittadini organizzati per comparto lavorativo, di diffondere al massimo la proprietà produttiva, di tutelare la famiglia come elemento cardine insostituibile della società.
Uscire dalla crisi quindi si può, anche in maniera rapida. Basta avere le idee chiare su come farlo, agendo a tutti i livelli – comunale, ragionale, statale, europei – attraverso appropriati strumenti legislativi.
Bisogno solo avere il coraggio di dire le cose come stanno, di opporsi risolutamente al dogma dell’usura e del denaro-debito, di dare a tutte le persone di buona volontà che hanno risolutamente deciso di non mettere il proprio cervello al macero e di rimanere invece fedeli al reale, una prospettiva comune e costruttiva: il distributismo.

Per informazioni ed adesioni: distributismomovimento.blogspot.com

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