sabato 16 settembre 2017

LA VERA QUESTIONE MORALE: LA SCELTA TRA USURA E LAVORO




Corruzione, concussione, favoritismi, nepotismi, auto-blu in eccesso, vitalizi folli, interessi privati in pubblico ufficio: la lista dei mali morali che affliggono la politica è pressochè infinita. La ritroviamo quotidianamente sulle pagine di cronaca dei giornali, l’ascoltiamo da amici, cognati, zii e cugini che hanno subito direttamente o sono stati testimoni di qualche angheria.
Da semplici cittadini rimaniamo indignati ed impotenti, oscillanti tra la rassegnazione e la rabbia.
Eppure la vera questione morale non è questa ma un’altra, ben più grave.
Da che uomo è uomo, l’individuo cresce e si sviluppa, passando dalla potenza all’atto: la singola persona non nasce giù fatto, si deve costruire vivendo con gli altri. Ognuno di noi ha talenti, capacità che chiedono di essere realizzati ma che hanno bisogno di determinate condizioni per farlo.
Così chi vuole diventare ingegnere, medico, avvocato o ricercatore, deve innanzitutto avere le qualità intellettuali, deve essere inserito in un contesto educativo-formativo-logistico-organizzativo e sociale-lavorativo adeguato. Chi vuole diventare contadino deve avere a disposizione mezzi e terreni, chi allevatore animali e fattorie, chi commerciante dei prodotti da vendere, chi industriale un numero sufficiente di manodopera e mezzi tecnologici e via di seguito.
Il benessere di una società dipende quindi essenzialmente da due fattori: una variabile indipendente ed una variabile dipendente.
La variabile indipendente è la tipologia e la quantità di risorse primarie naturali presenti sul territorio (clima, terreni, minerali, idrografia). La variabile dipendente è invece la capacità dei suoi abitanti di passare dalla potenza all’atto, di investire cioè al massimo le capacità ed i talenti dei singoli.
Mentre per la variabile indipendente c’è poco spazio operativo, per la variabile dipendente il tutto si gioca a livello di convenzioni ed accordi umani e la convenzione per eccellenza in questo settore è il denaro.
Il denaro è nato per essere lo strumento che consente all’essere umano di effettuare quello scambio di beni e servizi che rende possibile lo sviluppo massimo delle potenzialità del singolo.
Esempio concreto: in Italia c’è il problema drammatico del rischio idro-geologico. Centinaio di migliaia di abitazioni sono a rischio di essere travolte dagli effetti degli agenti atmosferici per cui è necessario intervenire al più preso con una vasta operazione di bonifica ambientale. Nello stesso tempo esiste una disoccupazione giovanile superiore al 25% ed una massa notevole di laureati, diplomati e semplici lavoratori disoccupati o sottooccupati e quindi messi nelle condizioni di non poter esprimere le loro capacità. In una situazione simile, del tutto folle per chiunque la considerasse da un punto di vista disincantato ed obiettivo, lo Stato e le autorità responsabili del bene comune  hanno il dovere, non il diritto, di mettere in mano a questa massa di senza lavoro dei pezzettini di carta chiamati banconote per risolvere una volta per tutte il problema del dissesto idrogeologico: altro che cervelli o muscoli in fuga!
Lo stesso discorso vale per tutti i servizi carenti con cui i cittadini devono quotidianamente confrontarsi: giustizia, sanità, scuola, università, edilizia pubblica, trasporti, viabilità.
Il fatto che ciò non avvenga, che si continui a vivere in una condizione di estrema precarietà rispetto a tutti questi beni e servizi è, per chi è cattolico, un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio, per chi è ateo l’estrema offesa alla dignità della persona umana.
Non si tratta infatti di un fatto ideologico o religioso-confessionale, non di tratta di destra o di sinistra, di progresso o di conservazione, si tratta di mera e semplice insulto alla ragione umana, di un offesa eclatante al buon senso ed alla ragionevolezza.
Non si può fare, diranno molti, perché ce lo impediscono le regole dell’economia. Falso! Duecento volte falso! Ciò che ci impedisce di dar corso ad una gestione costruttiva e positiva del denaro, cioè di mettere il denaro al servizio delle persone e dell’economia reale, è una cosa sola: il fatto che il denaro oggi nasca solo ed esclusivamente di proprietà del sistema bancario come debito di Stati, imprese e cittadini.
Questo meccanismo – che non si è creato da solo ma è il frutto dell’azione di uomini con nome e cognome –   sancisce il dominio assoluto dell’usura sul lavoro, cioè del reddito sterile che deriva dalla moltiplicazione del denaro rispetto al reddito che deriva dall’operosità e dall’ingegno umano.
Tutto ciò non è accettabile, primariamente dal punto di vista morale e secondariamente dal punto di vista economico e sociale.
Non è accettabile che un infermiere che offre il suo servizio alle persone malate abbia uno stipendio con cui non è in grado di mantenere se stesso, tanto meno la propria famiglia; non è accettabile che chi ha lavorato per 40 anni  si ritrovi con una pensione da fame; non è accettabile che venga stroncato sul nascere l’entusiasmo e la voglia di fare dei giovani non per mancanza di cose da fare ma per mancanza di uno strumento convenzionale chiamato denaro;  non è accettabile che la ricerca indipendente e libera delle nostre intelligenze migliori venga affossata dalla mancanza di pezzi di carta od input elettronici;  non è accettabile che le persone per queste stesse ragioni non mettano al mondo figli. Non è accettabile in sintesi che si asservisca la vita della maggior parte della popolazione ad una convenzione, nell’indifferenza colpevole e senza scuse dei politici di turno.
Questa è la vera questione morale. Una questione di importanza assoluta da cui dipende, senza ombra di dubbio, il futuro della nostra società: dobbiamo scegliere tra civiltà e barbarie, tra libertà e servitù, e quindi, in ultima analisi, tra usura e lavoro: tertium non datur.

Per informazioni: distributismomovimento.blogspot.com

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