sabato 3 marzo 2018

IL DENARO-DEBITO: LA TRUFFA LEGALIZZATA CHE PRODUCE LA MAGGIOR PARTE DEI PROBLEMI ECONOMICI-SOCIALI




Siamo alla vigilia delle elezioni politiche ed i vari partiti si stanno sforzando di intercettare il consenso della gente proponendo soluzioni ai gravi problemi che ci attanagliano. Allo stesso tempo la gente sembra aver perso fiducia nelle promesse dei partiti e si profila sempre più la vittoria dell'astensione e del non voto.
Che cosa sta succedendo? Nulla di particolarmente strano, semplicemente la realtà si sta imponendo sulla sterile retorica e sulla cronica incapacità dei nostri politici di cogliere il reale.
Di Maio ha annunciato che i provvedimenti urgenti del suo ipotetico governo saranno quelli di tagliare a metà gli stipendi dei parlamentari e togliere i vitalizi ai politici, facendo intendere che la vera causa della crisi sono gli sprechi e la corruttela dei politici stessi; Salvini propone la flat tax al 15%, facendo intendere che la vera causa della crisi sia la tassazione eccessiva che affossa l'economia; Renzi propone uno statalismo alleato al capitalismo; il centro-sinistra propone più statalismo, facendo intendere che la vera causa della crisi sia il liberalismo selvaggio.
In tutte queste posizioni c'è una parte di verità ma una parte molto limitata e parziale e nessuna è in grado di individuare la realtà così com'è: per questo sono tutte destinate a fallire.
Tali proposte colgono solo aspetti collaterali e quantitativamente insignificanti (spreco e corruttela dei politici indicati dai 5 Stelle), altre colgono solo le conseguenze senza indicare le vere cause della crisi (tassazione eccessiva indicata della Lega), altre individuano una possibile causa (liberismo esasperato), suggerendo come soluzione un male peggiore e già sepolto dalla storia (statalismo).
Che fare dunque?
Semplicissimo! Rimanere adesi al reale! Cosa ci dice la realtà?
Ci dice che oggi esiste un tipo di denaro che viene prodotto dal nulla esclusivamente come debito di Stati e cittadini verso il sistema bancario. Tutti possono avere la conferma di questo dato inoppugnabile, semplicemente prendendo in mano una qualsiasi banconota di euro e leggendo la firma del suo proprietario: troverete Mario Draghi, governatore della Banca Centrale Europea e non Repubblica della Stato Italiano.
Benissimo. Vediamo quali sono le conseguenze, inevitabili ed ineluttabili, di questo fatto.
Se tutta la moneta è prodotta come debito di Stati e cittadini verso il sistema bancario, con tanto di interesse, si deduce che Stati e cittadini saranno obbligati ad indebitarsi verso il sistema bancario.
Ciò vuol dire che quando lo Stato ha bisogni di soldi per opere pubbliche o singoli cittadini vogliono intraprendere iniziative economiche, potranno farlo in un solo modo: appunto indebitandosi verso il sistema bancario! Dal punto di vista dello Stato ciò vuol dire due cose: incrementare il debito pubblico od incrementare le tasse, tertium non datur. Dal punto di vista del cittadini vuol dire invece aumentare i debiti privati ed essere soggetti a sempre più privazione di servizi pubblici od ad una tassazione sempre più esosa. Si instaura così una spirale perversa da cui è impossibile uscire. Questo scenario vi ricorda qualcosa?
Tutto questo ragionamento, ma meglio sarebbe dire questa lucida ed obiettiva analisi dei fatti, richiede un chiarimento di fondo. Bisogna innanzitutto capire che cosa sia la moneta, quale siano le sue funzioni e soprattutto chi ne deve essere il proprietario al momento dell'emissione.
La moneta è essenzialmente una convenzione umana – esisterebbe forse la funzione monetaria in assenza di persone?– finalizzata alla misurazione del valore delle cose ed alla facilitazione degli scambi. La moneta è quindi uno strumento di misura e di scambio ma allo tempo è anche un valore, in quanto possedendo la moneta ottengo il potere di effettuare acquisti.
Si pone allora il problema centrale: chi può produrre denaro e, soprattutto, chi deve esserne il proprietario al momento dell'emissione?
Essendo il denaro una convenzione che, per funzionare, deve essere universalmente accettata, in qualunque contesto geografico e temporale l'umanità ha sempre avvertito l'importanza di associare la gestione della moneta all'autorità competente per l'amministrazione del bene comune. Storicamente inoltre le varie comunità, a secondo del loro livello di organizzazione interna, hanno deciso convenzionalmente di attribuire valore monetario a diverse entità, materiali, simboliche o numeriche. La differenza fondamentale sta nel fatto se tali entità debbano o no avere un valore intrinseco. Per esempio, per molti secoli la civiltà occidentale decise di conferire valore monetario all'oro, per cui solo l'autorità pubblica che possedeva oro era in grado di produrre moneta e possederla all'atto dell'emissione. Ciò poteva andare bene in una economia basata essenzialmente sull'agricoltura, in cui gli scambi monetari erano ridotti e la maggior parte della gente poteva anche adattarsi a scambi in natura ma divenne un problema nel momento in cui il rapporto tra quantità di oro esistente e quantità di moneta richiesta divenne insostenibile. Con l'affermarsi del prestito ad interesse e della riserva frazionaria, a partire dal XIV secolo, i banchieri trovarono il modo di ovviare a questo problema, utilizzando l'oro come riserva ma non in un rapporto 1 a 1, bensì in un rapporto molto più basso, 1 a 10, 100, 1000. Il passaggio è molto semplice e basato sostanzialmente su una truffa: quando la gente depositava oro nelle banche, riceveva in cambio una “nota di banco” in cui veniva “annotato” l'importo di oro depositato. Poichè tali “note di banco” o banconote erano pià facili da trasportare e scambiare, la gente incominciò ad utilizzare tali “note” come monete, lasciando l'oro nelle banche. I banchieri, scaltri e furbi, si accorsero che solo una minima percentuale di persone veniva a richiedere l'oro depositato e così penso bene di emettere altre “note di banco”, coperte dall'oro che in realtà le banche non possedevano, quindi sostanzialmente non coperte, questa volta come prestito verso terzi. Il rapporto tra “banconote” ed oro incominciò così a crescere ed i banchieri ad arricchirsi senza fare niente. Da notare che tale pratica perversa non si sviluppò finchè la cristianità rimase fedele al mandato di non praticare usura, cioè prestito ad interesse, e che all'inizio prese piede soprattutto in ambienti culturali-religiosi ebraici perchè il giudaismo era l'unica religione che permetteva la pratica del prestito ad interesse, anche se limitata a non correligionari. Nel 1694, con la fondazione della Banca d'Inghilterra, la gestione della moneta, per una serie di passaggi storico-economici che sarebbe troppo lungo descrivere qui, passò poi definitivamente in mano ai privati, e le banconote emesse da tali banchieri privati divennero moneta a corso legale.
Nel 1971 infine il presidente americano Nixon dichiarò definitivamente decaduta ogni corrispondenza tra l'oro e il denaro e da allora ogni moneta è diventata “fiat money”, cioè una realtà creata dal nulla.
Oggi quindi il denaro è privo di qualsiasi valore intrinseco, eccettuato quello irrisorio legato alla produzione di carta, assegni od input elettronici.
Diventa quindi essenziale stabilire a chi spetti la proprietà della massa monetaria al momento della sua creazione e qui non possiamo altro che rifarci alla ragionevolezza, al senso comune ed ai minimi principi di equità e giustizia sociale.
Il ragionamento è semplice: poiché la moneta è una convenzione ed il suo valore le viene conferito dalla gente nel momento in cui la accetta, l'unico proprietario legittimo della moneta stessa quando questa viene prodotta può e deve essere uno ed uno solo: il popolo. Nessun altro settoriale corpo sociale o entità statale è titolata a possedere la moneta al momento della sua emissione. Il nuovo denaro, quando si riscontrasse la necessità della sua emissione in relazione alla quantità di beni presenti sul territorio, andrebbe quindi accreditato a ciascun cittadino su un conto personale. Unica eccezione sarebbe quella dell'accreditamento diretto a manodopera o lavoratori per lo svolgimento di un numero essenziale e rigidamente controllato di opere o servizi pubblici. Per mantenere l'euflazione – cioè il giusto rapporto tra beni e denaro e quindi la stanbilità del potere di acquisto della moneta, senza inflazione o deflazione – sarebbe sufficiente condizionare l'emissione di nuova moneta alla quantità di beni presenti, incentivando la circolazione monetaria stessa e sfavorendo il suo accumulo improduttivo. Il prestito ad interessi, pretestuoso tentativo di rendere fecondo ciò che per natura non lo è – il denaro -, andrebbe abolito. Chi volesse prestare denaro potrebbe richiedere in cambio, oltre alla somma originaria, soltanto un minimo rimborso spese per i costi della pratica e/o un minima percentuale sui profitti eventualmente ottenuti dall'investimento. Ciò è quello che accade oggi con la finanza islamica, che considera usura il prestito ad interesse, come d'altronde avveniva anche nel cattolicesimo fino ad un molto discutibile aggiornamento, avvenuto quasi impercettibilmente a partire dal XIV secolo.
Quanto questo principio sia aderente ai basilari valori di giustizia sociale, emerge in maniera eclatante se facciamo riferimento al gioco del monopoli. In questo gioco al tempo zero, all'inizio della varie attività di scambio, la moneta viene equamente divisa tra tutti i partecipanti perchè si conviene implicitamente che essa rappresenti appunto quello che è, cioè uno strumento convenzionale finalizzato allo scambio, alla misura del valore delle cose ma anche al tempo stesso dotato di un suo valore, il potere di acquisto. Se all'inizio del gioco un partecipante dicesse: “bene signori, possiamo incominciare; però ho deciso che il denaro lo tengo tutto io e quando voi ne avrete bisogno me lo chiederete ed io valuterò di volta in volta, a mio insondabile giudizio, quanto crearne dal nulla ed a chi imprestarlo. Sia chiaro che poi voi me lo dovrete restituire con tanto di interesse e se non lo farete io verrò a requisirvi i beni che nel frattempo voi avrete prodotto o scambiato”. La reazione di qualsiasi persona dotata di un minimo di buon senso non potrebbe altro che essere quella di considerare tale offerta come una battuta di spirito o la manifestazione di un manifesto disagio mentale.
Eppure questo è esattamente, ed incredibilmente, quello che accade oggi.
Il denaro che noi utilizziamo – sia banconote sia denaro virtuale elettronico – nasce dal nulla solo ed esclusivamente come proprietà del sistema bancario privato che ce lo impresta con tanto di interesse.
Capite bene le conseguenze di questa situazione. Paradossalmente ogni ripresa economica, basata sull'espansione monetaria, non è altro che un'espansione di debito, il quale prima o poi dovrà essere restituito con gli interessi alle banche. Se tutto il debito venisse restituito non ci sarebbe più denaro, rendendo la cosa impossibile! Ecco quindi la perenne instabilità economica ed il ripetersi ineluttabile di crisi e false riprese. Lo stesso accade per lo Stato: se si deve costruire un ponte od un ospedale, i soldi necessari costituiscono un debito verso le banche, anche qui con tanto di interessi, che lo Stato potrà restituire solo attraverso le tasse o la riduzione di altri servizi. E' una gabbia da cui non si può uscire. Stato e cittadini sono quindi condannati ad una disastrosa quanto artificiale sottomissione al debito bancario, che costituisce la vera e principale cause di tutti i nostri gravi problemi economico-sociali, i quali sono a loro volta tutti collegati tra di loro: disoccupazione, precarietà lavorativa, emigrazione forzata, pensioni basse, calo della natività, chiusura delle piccole aziende, assenza di validi servizi pubblici, perdita del potere di acquisto.
Risulta patetico, rivoltante, grottesco e quasi insultante l'atteggiamento di coloro che, soprattutto se responsabili del bene comune, di fronte a questa eclatante perversione monetaria, insistono nel sostenere che le cause della crisi siano prevalentemente altre. Il loro fallimento, il fallimento di tutti politici nel corso degli ultimi 70 anno, non dipende solo e principalmente dal fatto che non abbiano buona volontà ma dal fatto non colgano nel segno quale sia il vero problema, ingannando se stessi e la gente. Eppure non ci vorrebbe tanto, basterebbe applicare la propria ragione al reale, mantenersi fedeli al principio di identità e non contraddizione, che Aristotele aveva indicato un paio di millenni fa come il fondamento di ogni civiltà che voglia definirsi veramente tale.

Ritornando al discorso iniziale delle elezioni, chi votare dunque?

Penso che, alla luce di quanto sopra esposto, ogni cittadino abbia gli strumenti per decidere nel migliore dei modi.

Siamo inoltre consapevoli che la questione monetaria vada inserita all'interno di una cornice più ampia, che tenga presente anche di altri punti ugualmente essenziali, i quali però rischiano di non poter essere mai essere attuati finchè il sistema bancario continuerà a mantenere la proprietà della moneta e con esso il potere reale di condizionare ogni aspetto della realtà. Si tratta della tutela della famiglia tradizionale, dell'unione tra capitale e lavoro (superamento di capitalismo e social-comunismo) e della restituzione del potere ai cittadini attraverso l'aggregazione in associazioni per comparto lavorativo (superamento del sistema dei partiti).

Il Movimento Distributista Italiano, che appoggia convintamente questa linea, non si presenta a questa tornata elettorale e ritiene il non voto come la scelta più opportuna ma allo stesso invita tutti i cittadini di buona volontà ad aderire numerosi alle sua fila ed a creare gruppi sui vari territori, in modo che si possano valutare insieme le modalità ed i tempi per riuscire ad incidere al più presto in maniera costruttiva sul reale.

Per informazioni ed adesioni

distributismomovimento.blogspot.com

movimentodistributista@gmail.com

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